La tela di Penelope arriva fino a Maria Lai
Oggi, il nostro sguardo su Penelope è lo stesso di Omero: «Lei ascoltando piangeva, la pelle le si scioglieva» (Odissea, XIX, 204). E il fregio a rilievo in terracotta del I secolo d.C., esposto alla mostra su Penelope, racconta ancora così quella donna dopo secoli e secoli. Ha aspettato il suo Ulisse per vent’anni, ha tenuto a bada 108 pretendenti, ha fatto la donna e ha superato il suo ruolo muliebre, mostrando attitudini all’epoca molto maschili di astuzia e risolutezza. Mica era così consueto nelle figure femminili dell’antichità.
Il fregio esemplifica uno dei temi – la Penelope dolente – individuati dalla mostra in corso al Parco del Colosseo (due le sedi, il Tempio di Romolo e le Uccelliere Farnesiane) per raccontare la figura femminile, che costituisce insieme ad Antigone e a Saffo, una trilogia di rassegne in via in preparazione. Quante Penelope ci sono? «Non esiste una sola e univoca Penelope ma tante e diverse. Già a partire dall’etimologia: c’è chi collega il nome all’anatra acquatica, penélops, chi invece al gesto di disfare la tela, pénen olópto», scrive Alessandra Sarchi nel saggio del ricco catalogo Electa. Iconografia e letteratura non procedono di pari passo anche perché i poemi omerici diffusi nell’antichità non vennero letti in originale per molti secoli fino all’Umanesimo. Così, verso la metà del V secolo a.C., gli artisti greci creano l’iconografia che poi dura per secoli: è la Penelope dolente, mano destra che sorregge il capo reclinato e la sinistra appoggiata al seggio, sotto il quale si riconosce un cesto per la lana, ben rappresentata nell’altorilievo frammentario dalla Vigna di San Sebastiano sulla Via Appia (I secolo d.C.) che trasuda i mille pensieri della donna. Ancora più vividi nella figura dello skýphos attico del Pittore di Penelope (440 a.C.). Dal vaso di Chiusi, oltre alla Penelope sola e pensosa, emerge anche un altro tratto che caratterizza la donna, il suo lavorare al telaio, anzi, per citare Omero, i suoi érga perikalléa, le bellissime opere al telaio. E i lacerti di affresco, datati alla metà del XIII secolo, che ornano le pareti del tempio di Romolo con tendaggi e velari paiono lo scenario migliore per ricordare la promessa di Penelope: sarebbe stata pronta per un nuovo matrimonio una volta terminato il lenzuolo funebre per Laerte, il padre di Ulisse. Ma il suo è un fare e disfare a protezione dell’amore e dell’attesa: «Penelope nell’Odissea c’è e, a dispetto di quanto si potrebbe sostenere da parte femminile, e di quanto è stato sostenuto da parte femminista, è l’unico personaggio che sta a pari col protagonista del poema – spiega Piero Boitani nel suo saggio –. Il suo ruolo non è soltanto di resistenza intristita e passiva, ma anche attivo e decisivo. In primo luogo, è lei a inventare ed eseguire l’inganno della tela».
C’è la Penelope dolente, la tessitrice, la sognatrice, la donna velata, che sotto quel tessuto mostra il proprio aidós (cioè pudore, riserbo, modestia), c’è poi la sua vita con Ulisse, il suo intendersi quasi solo con uno sguardo come racconta l’intonaco dipinto da Pompei che ritrae l’eroe omerico travestito da mendicante fra Penelope e le ancelle (I secolo d.C.) o lo specchio etrusco da Tarquinia del III secolo a.C. con anche il cane Argo. E le fortune di Ulisse si dipanano nei secoli, come dimostra la scelta di Francesco I di far decorare la residenza di Fontainebleau con sessanta episodi tratti dall’Odissea.
Dall’antico la mostra di Roma si allarga ai secoli successivi con dipinti, sculture, rilievi, incunaboli e libri a stampa che restituiscono le fortune di Penelope. Fino alle opere di Maria Lai (1919-2013), che ha fatto della tessitura il tratto distintivo del suo creare. Nelle sale delle Uccelliere Farnesiane i “libri cuciti”, le “tele cucite” portano Penelope nel contemporaneo. E, accanto alla rassegna, due incontri nelle prossime settimane allargheranno lo sguardo da Penelope a noi: sabato 16 novembre (ore 11,30, Curia Iulia nel Foro romano) Micol Forti dialogherà con Elena Pontiggia su “Tessitrice d’arte: Maria Lai” e sabato 14 dicembre (ore 11,30, sempre alla Curia Iulia) Giorgio Ieranò con Francesca Sensini e Claudio Franzoni discuteranno de “La tela del mito”.
In fondo, per Penelope, madre e moglie, passione e ragione, Sturm und Drang, «essere è tessere», così come per Maria Lai.
Fonte: Il Sole 24 Ore