La Virgola amata da Giulia Farnese

Là, in mezzo al Lago di Bolsena, c’è una virgola verde a testa in su, placida ed eterna: è l’Isola Bisentina, l’isola dei signori di Bisenzo. A un capo, la Rocchina, chiesetta dedicata a Santa Caterina, all’altro la roccia con sembianze di leone che pare celebrare la visita di Leone X nel 1517. Questa terra di papi e nobili, di frati e donne bellissime è soprattutto l’isola di casa Farnese e di Giulia, morta di peste neppure 50enne, di cui ricorrono i 500 anni dalla scomparsa e che nel testamento chiese di vivere per sempre sulla sua isola.

Da Ranuccio a Giulia Farnese

L’avvicinamento alla darsena è poco più di un tuffo, sono solo 3,5 chilometri e poi si schiude un trionfo di verde, di architetture, di Rinascimento al suo meglio curati dalla famiglia Rovati, mecenati con una passione palpitante per l’arte, che hanno acquistato l’isola nel 2017 procedendo con restauri e messa in sicurezza delle strutture in sinergia con la Soprintendenza per la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale. La chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo è stata riportata all’antico con la sua cupola che brilla come l’ombelico di tutto il lago, anche se priva delle tele di Carracci attestate dalle fonti. Accanto alla tomba di Ranuccio Farnese, capostipite della casata, che sulla sua lapide fece scrivere «et aliorum de domo sua» perché l’isola fosse riposo eterno di tutti i Farnese, rivivrà anche Giulia, sua nipote, attraverso le foto di Manfredi Gioacchini.

Le fotografie di Manfredi Gioacchini

Le immagini, in mostra fino al 3 novembre, emergono dalle pareti spoglie della chiesa, sembra di sentirla Giulia, che «ha vissuto tante vite, prima, moglie ragazzina di Orsino Orsini, poi amante di Rodrigo Borgia, il futuro papa Alessandro VI, infine, dopo la morte del secondo marito, nobildonna a Palazzo Farnese inserita nella vita culturale romana e paladina dei diritti delle donne», come spiega Sofia Elena Rovati, curatrice della mostra e vestale innamorata dell’Isola Bisentina. Da Carbognano a Vasanello, da Castel Sant’Angelo a Palazzo Farnese, fino a Ischia di Castro e alla stessa Isola Bisentina, il viaggio fotografico racconta Giulia attraverso l’unicorno, il simbolo scelto come rappresentazione di sé: «Giulia è conscia del suo ruolo – prosegue la curatrice – è davvero contemporanea perché, da vittima del suo tempo, diventa protagonista, subisce la damnatio memoriae del fratello, papa Paolo III, ma, come sottolinea la studiosa Patrizia Rosini, in quei decenni di grande fermento artistico è impossibile, bella com’era, che nessun artista l’avesse ritratta e allora è l’unicorno, il suo alter ego, il fil rouge per cercarla e studiarla». Dove c’è l’unicorno c’è Giulia, un altro volto ancora dell’isola.

Sette cappelle e Benozzo Gozzoli

Fra lecci secolari e acque cristalline, in un concerto di cormorani e garzette, veri signori del territorio, la storia palpita profonda in questo locus amoenus. Certezze sulla presenza degli etruschi non ce ne sono ma come non ipotizzare una loro frequentazione in un luogo così iconico, al centro di un lago di origine vulcanica, e considerando anche la testa etrusca conservata al British Museum e che viene proprio da qui. Nel 1431 arrivarono, per volere di papa Eugenio IV, i frati minori osservanti ai quali fu affidata la chiesa di San Giovanni Battista (è l’edificio nato dove ora c’è la chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo) e che costruirono il convento, oggetto dei prossimi interventi di recupero. Dal cuore dell’isola si può gustare un itinerario di bellezza e natura. Disseminate fra il Monte Calvario, il Tabor e l’Uliveto sette piccole cappelle tracciano un periplo di pace e contemplazione, che culmina nei due edifici aperti al pubblico, la Rocchina e l’Oratorio sul Monte Calvario dove Benozzo Gozzoli lasciò un ciclo di affreschi che culminano in una Crocifissione, con San Francesco e San Bernardino, dai tratti vicini a Beato Angelico. La vegetazione è avvolgente anche attorno alla Malta dei Papi, altro luogo di grande suggestione. Nel Medioevo questa struttura ipogea scavata nel tufo era usata come carcere per gli eretici e potrebbe essere quella citata da Dante: «Piangerà Feltro ancora la difalta / de l’empio suo pastor, che sarà sconcia / sì, che per simil non s’entrò in malta» (Paradiso, IX, 52-54).

Giulia Farnese ci chiama

I silenzi sono sovrumani e i passi, uno in fila all’altro, danno un grande senso di finito, di consolazione. Dalla chiesa arriva una melodia dolcissima, è di un tempo remoto: è Giulia a chiamare ancora con le sue immagini eterne, il suo unicorno e lo stemma con sei gigli dei Farnese. Davanti all’altare della chiesa un gruppo di frati francescani in visita all’isola sta intonando il Tota pulchra alla Madonna. È una magia, è il tempo che ritorna. Cantano alla Vergine, ma in fondo anche Giulia Farnese è tota pulchra.

Fonte: Il Sole 24 Ore