La XIV Biennale del duo Bardaouil- Fellrath racconta l’arte tra Lione, Beirut e il mondo

La XIV Biennale del duo Bardaouil- Fellrath racconta l’arte tra Lione, Beirut e il mondo

Dopo il rinvio di un anno per la pandemia, la XVI Biennale di Lione è tornata con un progetto di ampio respiro intitolato «Manifesto of Fragility», suddiviso in tre capitoli espositivi che espandono il concetto di vulnerabilità, raccontandone la dimensione individuale, locale e universale. “La fragilità non si manifesta nello spazio pubblico, ma sulla tua pelle, e ti accompagna nel mondo” spiega Sam Bardaouil, libanese, che con il tedesco Till Fellrath ha curato questa edizione ispirandosi alla vita di Louise Brunet, una giovane operaia del settore industriale della seta lionese che prese parte alla rivolta dei Canut nel 1834 e, immigrata a Beirut in cerca di fortuna, continuò lì la sua battaglia per i diritti dei lavoratori.

Seguendo le disavventure di Louise Brunet, i curatori spostano l’attenzione sull’età dell’oro a Beirut, la città sulla via della seta che diventò la capitale artistica ed economica del Medio Oriente negli anni ’60 – sulla spinta del segreto bancario – prima di essere coinvolta nella guerra libanese civile del 1975. Infine, l’ultimo capitolo è dedicato alla società che verrà, quella post-pandemica e post-capitalista, in cui la fragilità si offre come solido mattone per ricostruire insieme un futuro sostenibile.

Il progetto espositivo

Scegliendo a pretesto un prodotto del vecchio mondo, la seta, i capitoli della mostra si intrecciano con la storia urbanistica e architettonica della città in 12 sedi, dal Museo di Arte Contemporanea MAC Lyon, da sempre punto di partenza della Biennale, alle ex fabbriche Fagor, già usate nel 2019, fino ai suggestivi Parc de la Tête d’Or, il Museo Guimet – il vecchio museo di storia naturale, abbandonato dal 2007 – e il Lugdunum, un museo brutalista di rovine greco-romane che si estende sulla collina dell’antica città di Lione. “Questa biennale trans-storica conta 202 artisti, di cui il 55% artiste, 66 nuove commissioni, e la mostra su Beirut co-prodotta con il Gropius Bau di Berlino (che l’ha presentata in primavera ndr)” spiegano Bardaouil e Fellrath, che tra i molti impegni sono anche curatori associati dell’istituzione tedesca.

Infatti, i due, che lavorano insieme dal 2008, hanno un network impressionante che vanta collaborazioni con oltre 70 musei internazionali, dalla Tate Liverpool al Centre Pompidou. Al culmine del successo, quest’anno Bardaouil e Fellrath hanno firmato anche il padiglione francese della 59. Biennale di Venezia con l’artista franco-algerina Zineb Sedira, insignito della menzione speciale, e sono stati nominati di recente co-direttori del prestigioso Hamburger Bahnof, Galleria Nazionale di Arte Contemporanea di Berlino.

Beirut e il mondo arabo

Al centro del progetto espositivo della Biennale, l’indagine sugli artisti del mondo arabo moderno e contemporaneo parte dalla rassegna dedicata alle gallerie e ai protagonisti della scena libanese degli anni ‘60. Tra le opere, spiccano i dipinti e gli arazzi astratti dell’artista e poetessa libanese Etel Adnan (Galleria Continua, 50-350.000 euro), nata nel 1925 e recentemente scomparsa, e le opere della sua partner, la scultrice e scrittrice siriana Simone Fattal (Kaufmann repetto, 20-300.000 euro), nota per i suoi corpi informi in ceramica – entrambe riscoperte dal sistema dell’arte internazionale tramite l’intervento di Hans Ulrich Obrist. Chiudono la mostra Khalil Joreige & Joana Hadjitomas «The Third Line» (i prezzi delle opere su carta variano da 2500-14.000 euro su Artsy) con opere commoventi dedicate all’esplosione del porto di Beirut dell’agosto 2020, tra pensieri, frammenti di vetro e video di telecamere di videosorveglianza.

Fonte: Il Sole 24 Ore