L’Agenzia delle Entrate torna all’attacco di Google e chiede un miliardo di tasse

I contratti con i clienti italiani, formalmente definiti in Irlanda, erano invece preparati e curati dai dipendenti della società milanese, secondo quanto avevano appurato gli investigatori. I documenti venivano poi inviati alla società irlandese Google Ireland Ltd, dove venivano firmati e rispediti nuovamente in Italia. La società di Dublino, dunque, aveva operato per anni in Italia con una stabile organizzazione «non dichiarata» e non costituita formalmente.

La triangolazione tra Irlanda e Olanda

È a questo punto che entrava in gioco il sistema del “Double Irish with a Dutch Sandwich”, un meccanismo – utilizzato da Google non solo per l’Italia – che coinvolgeva due società irlandesi (la Google Ireland e la Google Ireland Holdings) e una entità olandese (la Google Netherlands Holdings Bv).

Google Ireland, che aveva sede in un edificio nel centro di Dublino, non era una società qualunque: vendeva pubblicità sul motore di ricerca per tutti i paesi al di fuori degli Stati Uniti e realizzava oltre l’80% del fatturato estero della multinazionale americana. I ricavi dei contratti pubblicitari firmati in Italia e negli altri paesi dell’Europa, dell’Asia, dell’Africa e del Pacifico finivano a Dublino. E questo era il primo passaggio del sistema che consentiva Google di versare una percentuale irrisoria di imposte.

C’era un altro particolare che andava tenuto a mente per comprendere il funzionamento del “Double Irish with a Dutch Sandwich”. Google Ireland Ltd, che incassava i soldi provenienti dall’Italia e dagli altri paesi, doveva a sua volta pagare delle royalties alla seconda società irlandese, la Google Ireland Holdings, perché era quest’ultima a possedere la proprietà intellettuale dell’algoritmo del motore di ricerca.

Dunque, la prima filiale irlandese pagava le royalties alla seconda generando delle spese che riducevano la sua base imponibile fiscale e le consentivano di pagare meno imposte in Irlanda. La seconda società dirottava gli utili alle Bermuda dove non pagava imposte. Ecco perché nel Territorio d’oltremare del Regno Unito Google aveva accumulato circa 50 miliardi di dollari esentasse.

Fonte: Il Sole 24 Ore