L’allarme delle Regioni: «Da Covid e bollette buco di 5 miliardi, a rischio le cure e il futuro del Ssn»
Le Regioni annunciano al Governo «scelte dolorose» e il rischio di «riduzione dei servizi sanitari» se non si troveranno le risorse per coprire un buco di oltre 5 miliardi provocato dalle spese per il Covid non coperte dallo Stato e dal caro bollette. Anche perché già oggi visto il gap di finanziamenti rispetto agli altri Paesi (servirebbero 40 miliardi l’anno per essere a livello di Francia e Germania) c’è da interrogarsi «se il nostro sistema sanitario può ancora definirsi orgogliosamente universalistico ed uniforme». Ma in futuro senza interventi sarà «irrimediabilmente – spiegano le Regioni – compromesso il sistema sanitario universalistico italiano».
Senza soluzioni «saranno necessarie scelte dolorose»
L’occasione per raccontare come la Sanità sia ormai vicina al crack è stato un incontro che i governatori hanno avuto con i ministri dell’Economia Giancarlo Giorgetti e con il ministro della Salute Orazio Schillaci che hanno promesso l’attivazione di un tavolo. Un incontro durante il quale è stato consegnato un documento di 6 pagine dove si ripercorrono le emergenze attuali di cui soffre il Ssn: dalla carenza di personale, sul quale le Regioni hanno chiesto norme immediate (a partire dall’abolizione del tetto di spesa sul personale) alle criticità dei pronto soccorso fino appunto al nodo dei nodi, quello dei finanziamenti. «Se davvero il livello di finanziamento del Ssn per i prossimi anni dovrà assestarsi al 6% del Pil , prospettiva che le regioni chiedono che venga assolutamente scongiurata, occorrerà allora – spiega il documento – adoperare un linguaggio di verità con i cittadini, affinché vengano ricalibrate al ribasso le loro aspettative nei confronti del Ssn». «Saranno necessarie scelte dolorose, ma non più procrastinabili», scrivono ancora le Regioni senza troppi giri di parole.
Tra Covid e bollette un conto salato di oltre 5 miliardi
Ma le Regioni non guardano solo al prossimo futuro, ma anche al presente di bilanci che scricchiolano pesantemente. I governatori senza distinzione di colore politico ricordano nel loro documento il vero e proprio stress test al quale i Servizi sanitari regionali sono stati sottoposti negli anni 2020, 2021 e 2022, a causa della pandemia da Covid, che sotto il profilo economico-finanziario ha appesantito i bilanci sanitari delle regioni per la presenza di ingenti costi sostenuti per fronteggiare l’emergenza pandemica che solo in parte sono stati ristorati dallo Stato». Nel loro documento le Regioni mettono in fila i numeri principali: dai 3,8 miliardi di spese per l’emergenza Covid sostenute solo nel 2021 (mancano ancora i dati relativi al 2022) agli 1,4 miliardi di caro bollette per l’aumento dei costi energetici dello scorso anno. Un incremento di costi, questo, che rischia anche «di compromettere la realizzazione degli investimenti della Missione 6 del Pnrr, la cui attuazione è seriamente ostacolata dal notevole incremento dei prezzi delle materie prime e dei materiali»
La richiesta: sterilizzare extra costi e no a piani di rientro
Alla luce di questa situazione dei bilanci le Regioni spiegano come il livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale per quest’anno non sia «minimamente adeguato per consentire la sostenibilità della programmazione sanitaria». Da qui la richiesta di un tavolo tecnico per affrontare i nodi principali «che possa condividere entro e non oltre la fine del mese di aprile 2023 interventi urgenti e risolutivi di ordine finanziario e legislativo attraverso cui consentire alle regioni di non interrompere la programmazione sanitaria e di evitare la riduzione dei servizi sanitari e socio assistenziali». Tra le richieste la sterilizzazione delle spese Covid da coprire con un piano di ammortamento decennale. Per le Regioni va poi assolutamente riconosciuto «il principio secondo il quale nessuna regione debba sottoporsi a Piani di rientro o di riduzione dei servizi o aumento della fiscalità generale a causa del mancato riconoscimento dell’attuale criticità finanziaria dovuta ai costi riguardante l’emergenza pandemica ed energetica». «In caso contrario – scrivono nero su bianco – ne andrebbe progressivamente ed irrimediabilmente compromesso il sistema sanitario universalistico italiano».
Dal tavolo con il Governo servono soluzioni al più presto
A spiegare la portata del tema al centro del tavolo tra Regioni e Governo è stato anche Raffaele Donini, assessore emiliano-romagnolo e coordinatore della commissione sanità della Conferenza delle Regioni: «Il sistema sanitario pubblico in Italia è a rischio. Il tavolo che il governo ha proposto ha una portata storica: può o ridare centralità oppure far naufragare il sistema della sanità pubblica per come lo conosciamo oggi». «Dopo i fatti di Bergamo – avverte Donini – le più alte cariche dello Stato dissero “mai più tagli alla sanità”. Tre anni dopo la previsione di spesa è sotto al 7% del Pil, con l’ipotesi che vada al 6% nei prossimi anni: una palese contraddizione». L’assessore dell’Emilia sottolinea come alcune Regioni fatichino «a chiudere i bilanci del 2022, altre, come l’Emilia-Romagna, li hanno chiusi, ma non possono reggere ulteriori disavanzi. Mancano 3,8 miliardi spesi dalle Regioni per affrontare la pandemia e mai rimborsati e 1,4 per le spese energetiche. Senza contare le spese Covid che non sono mancate anche nel 2022. Siamo disponibili a discutere col Governo che ringrazio per la disponibilità dimostrata. Quindi bene l’istituzione di quel tavolo, ma ha bisogno di essere apparecchiato e anche alla svelta».
Fonte: Il Sole 24 Ore