L’Alzheimer fa paura? Ecco i sintomi e i consigli sullo stile di vita per prevenirlo

Circa 600mila persone in Italia ne soffrono, solo il 20% dei pazienti riceve una diagnosi precoce mentre sono circa 3 milioni i familiari che si occupano dell’assistenza dei loro cari. Sono i numeri dell’Alzheimer in Italia, di cui il 21 settembre si celebra la Giornata mondiale. Con i neurologi che prevedono che i casi di demenza potrebbero triplicare entro il 2050 anche a causa dell’invecchiamento della popolazione. Tanto che un italiano su 2 teme di poter soffrire di Alzheimer in futuro, ma appena 1 su 10 dichiara di essere molto informato sulla malattia. Ma come si riconoscono i sintomi e soprattutto si può ridurre il rischio di un decadimento cognitivo o addirittura lo sviluppo di una patologia grave come l’Alzheimer?

Metà degli italiani preoccupata di ammalarsi

Quasi la metà (il 49%) degli italiani è preoccupata che l’Alzheimer possa in futuro riguardarla personalmente o colpire uno dei propri cari, solo 1 italiano su 10 si dichiara “molto informato” su questa patologia, come emerge da una ricerca realizzata per conto di Airalzh onlus (Associazione italiana ricerca Alzheimer) che lancia anche una campagna di sensibilizzazione per invitare le persone ad essere più consapevoli dei benefici di un corretto stile di vita, e ad adottarli anche come prevenzione alle demenze. In generale il declino cognitivo e la demenza preoccupano 9 italiani su 10 e interessano 2 milioni di pazienti e 4 milioni di caregiver, secondo un’altra indagine dell’istituto “Emg Different”. Ciò che impensierisce di più è la relativa perdita di autonomia, l’isolamento e il carico emotivo ed economico sulla famiglia, anche a causa della carenza di servizi socio-assistenziali.

I primi sintomi, a cosa fare attenzione

Ma come si riconosce l’Alzheimer? La malattia può progredire lentamente nell’arco di 10-20 anni, passando dalla fase preclinica non sintomatica, alla demenza grave, con ricadute sempre maggiori sulla vita quotidiana della persone. E ad accorgersi per primi dei sintomi, spesso subdoli e sottovalutati, sono di frequente i parenti dei malati sui quali grava l’assistenza. “Inizia spesso con piccoli segni, di cui a volte non è facile accorgersi – spiega Alessandro Padovani, direttore della Clinica neurologica dell’Università di Brescia e presidente della Società italiana di neurologia – A volte, soprattutto nelle persone avanti negli anni, questi piccoli deficit non vengono riconosciuti: dimenticare dove si è posteggiata l’auto, attribuire dei nomi diversi alle persone che si conoscono, o anche solo cambiare abitudini. È importante non derubricare, o ritenere che tutto questo sia normalmente legato all’invecchiamento”.

Quali consigli per ridurre il rischio di decadimento

Ma si può ridurre il rischio di avere un decadimento cognitivo invecchiando, o addirittura di sviluppare una malattia grave come l’Alzheimer? Una strada è quella che punta a seguire le 12 raccomandazioni elencate dall’Organizzazione mondiale della sanità sugli stili di vita che tutti noi dovremmo seguire. Per Sandro Sorbi, past president Associazione italiana ricerca Alzheimer e direttore Neurologia I presso l’Aou Careggi di Firenze, “innanzitutto occorre fare attenzione all’alimentazione e l’Oms fa riferimento alla nostra dieta mediterranea. Se non si riesce a seguire la dieta mediterranea, in alternativa c’è una dieta comunque equilibrata. Un altro aspetto molto importante è l’attività fisica moderata giornaliera che migliora le risposte ai test di memoria e riduce il rischio di avere decadimento cognitivo. Circa mezz’ora al giorno di camminata a passo veloce, oppure un’attività in giardino e 2 volte alla settimana un’ora di attività fisica più intensa, non sono impossibili, tutti noi possiamo fare queste cose”. Altre raccomandazioni: “Il controllo della pressione arteriosa e della glicemia, perché è ben documentato che se non ben curato il diabete comporta un rischio maggiore di sviluppare problemi cognitivi” o addirittura sviluppare l’Alzheimer.

Fonte: Il Sole 24 Ore