L’Amarone resiste alla crisi dei vini rossi e aumenta il valore degli asset
In una congiuntura poco brillante per i vini rossi, l’Amarone registra qualche timido segnale di ripresa. La produzione imbottigliata (che esprime le aspettative di vendita dei produttori) ha chiuso il 2024 con un calo del 2% che però è il frutto di una forte accelerazione (+9%) nella seconda parte dell’anno. Segno che sul mercato qualcosa di positivo sta accadendo.
È con questi numeri confortanti che si è svolta “Amarone Opera Prima” (a Verona), la manifestazione dedicata a uno dei vini simbolo dell’enologia made in Italy organizzata dal Consorzio vini della Valpolicella che nell’occasione festeggia anche i propri primi cento anni di vita.
«Resistiamo sui mercati – spiega il presidente del Consorzio, Christian Marchesini – e difendiamo la nostra posizione di principale denominazione dedicata ai vini rossi in Veneto, regione che a partire dai primi anni 2000, grazie ai fenomeni del Prosecco e del Pinot Grigio, si è spostata verso vini bianchi e spumanti».
Secondo i produttori della Valpolicella le opportunità di mercato non mancano. «Le chiavi sono quelle del riposizionamento e della segmentazione – aggiunge Marchesini -. Al nostro arco abbiamo cinque differenti frecce: l’Amarone è la punta di diamante ma ci sono anche Valpolicella, Valpolicella Superiore, Ripasso e Recioto. Possiamo migliorare ancora individuando le etichette più adatte ai differenti mercati e categorie di consumatori. L’Amarone è il vino più amato dai boomer con elevato potere d’acquisto di Scandinavia e Nordamerica (con una quota di export del 10% in Cina che non in tanti possono vantare). Ma Valpolicella e Valpolicella Superiore anche nelle versioni low alcohol si stanno rivelando adatti a un pubblico giovane in Europa come negli Usa mentre il Ripasso può aiutarci su mercati emergenti come l’America latina dove possiamo tornare ai fasti che i vini veneti hanno vissuto a metà del secolo scorso. L’importante è segmentare l’offerta evitando sovrapposizioni».
I vini della Valpolicella nell’ultimo quarto di secolo ne hanno fatta di strada con forti ricadute positive sul territorio. «A partire dai primi anni 2000 – aggiunge il presidente del Consorzio – l’accelerazione in termini di contributo socioeconomico è stata enorme. Ad oggi il valore degli asset fondiari e del magazzino detenuto in cantina è stimato dal Consorzio in complessivi 6 miliardi di euro. In particolare, gli 8.600 ettari di vigneto valgono, anche grazie a 3.400 ettari di nuove vigne impiantate, circa 4,5 miliardi, più del doppio rispetto alle quotazioni del 2000 (oltre 1,9 miliardi)».
Fonte: Il Sole 24 Ore