L’American Historical Association e il quesito su “dove stia andando la storia”

L’American Historical Association e il quesito su “dove stia andando la storia”

Si esce arricchiti, ma al tempo stesso stremati, dal 138° congresso annuale dell’American Historical Association (AHA), la più antica società di storici degli Stati Uniti d’America. Parliamo di quattromila studiosi chiusi per quattro giorni – dal 3 al 6 gennaio 2025 – nei saloni tutti uguali degli hotel Hilton e Sheraton di New York, impenetrabili al minimo spiraglio di luce naturale. D’altra parte il programma del congresso è così fitto da non lasciare il tempo di pensare che, fuori da quei due enormi edifici di Midtown, il mondo sta correndo a tutta velocità verso il futuro. Un futuro che la Storia, per quanto si atteggi a magistra vitae, non sarà mai in grado di prevedere.

Lo stato di salute della conoscenza storica

Al contrario, il presente è ormai il suo pane quotidiano. Delle circa 550 sessioni in cui si articola il congresso, una buona parte è dedicata a questioni di stretta attualità. Ovviamente è il passato a dominare la maggioranza degli incontri, ma il tema implicito del congresso è lo stato di salute della conoscenza storica: qual è il suo rapporto con il presente? E il suo posto nel dibattito pubblico? Come dev’essere insegnata e divulgata la storia? Ma procediamo con ordine.

Tutto è iniziato alle 11 di venerdì 3: migliaia di studiosi di ogni età (ma prevalentemente sulla trentina) e di ogni provenienza (ma soprattutto nordamericani) rigorosamente in fila per ritirare l’indispensabile pass, un cartoncino con il proprio nome e la propria affiliazione che può arrivare a costare 453 dollari. Prezzi scontati, va detto, sono riservati ai membri dell’AHA, agli studenti, ai disoccupati e ai pensionati, ma i soli a non pagare un centesimo sono i rappresentanti della stampa, i quali, a eccezione del sottoscritto, sembrano però latitare. La storia, evidentemente, non fa notizia.

Una volta infilato al collo il pass, condizione necessaria per potersi muovere liberamente nei meandri del congresso, il tour de force può cominciare, sebbene non sia facile capire da dove: l’offerta è talmente vasta da provocare un senso di vertigine. La strategia migliore è abbandonarsi al caso e affacciarsi qua e là, purché sia chiaro che ciò implicherà continui salti nel tempo e nello spazio: dalle corti dell’Italia barocca ai caffè della scena Punk; dalle miniere andine nel «capitalocene» alle stazioni radio nella Guerra fredda; dalle case editrici dell’India coloniale alle scuole dell’odierna Palestina.

Quest’ultimo, per inciso, è stato l’incontro più acceso del congresso. Dopo una tavola rotonda volta a discutere le conseguenze dello «scolasticidio» perpetrato a Gaza – ovvero l’eradicazione intenzionale del sistema educativo palestinese attraverso la distruzione delle sue infrastrutture e l’uccisione del suo personale – i membri dell’American Historical Association hanno approvato, con 428 voti a favore, 88 contrari e 2 astenuti, una risoluzione di condanna contro la violenza israeliana che ne è all’origine. Una risoluzione incredibilmente bocciata il 17 gennaio dal consiglio elettivo dell’AHA in quanto estranea alla sua missione statutaria: «promuovere gli studi storici attraverso l’incoraggiamento della ricerca, dell’insegnamento e della pubblicazione».

Fonte: Il Sole 24 Ore