L’appello degli intellettuali israeliani: «Congresso Usa, chiudi le porte a Netanyahu»
Il presidente dell’Accademia israeliana delle scienze e degli studi umanistici David Harel, l’ex capo del Mossad Tamir Pardo, l’ex procuratore di stato israeliano Talia Sasson, l’ex premier Ehud Barak, il premio Nobel Aaron Ciechanover e lo scrittore David Grossman hanno firmato un intervento sul New York Times di oggi che è un atto di accusa alla politica del primo ministro Benjamin Netanyahu, il quale – invitato dai repubblicani – per la seconda volta dall’inizio della guerra a Gaza, il prossimo 24 luglio, parlerà al Congresso degli Stati Uniti con le Camere riunite. Riportiamo di seguito l’intervento. Ecco, di seguito, il testo della lettera
«I leader del Congresso degli Stati Uniti hanno invitato il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu a parlare a una riunione congiunta del Senato e della Camera dei Rappresentanti il 24 luglio. Normalmente, noi israeliani considereremmo l’invito un riconoscimento dei valori condivisi delle nostre due nazioni e un benvenuto gesto del nostro più caro amico e alleato, al quale siamo profondamente e moralmente debitori. Ma il Congresso ha commesso un terribile errore. L’apparizione di Netanyahu a Washington non rappresenterà lo Stato di Israele e i suoi cittadini, ma ricompenserà la sua condotta scandalosa e distruttiva nei confronti del nostro Paese.
Proveniamo da diversi ambiti della società israeliana: scienza, tecnologia, politica, difesa, diritto e cultura. Siamo quindi in una buona posizione per valutare l’effetto complessivo del governo di Netanyahu e, insieme a molti altri, crediamo che stia portando Israele verso un declino a una velocità allarmante, al punto che alla fine potremmo perdere il Paese che amiamo. Ad oggi, Netanyahu non è riuscito a elaborare un piano per porre fine alla guerra a Gaza e non è stato in grado di ottenere la libertà di decine di ostaggi. Per lo meno, un invito a rivolgersi al Congresso avrebbe dovuto essere subordinato alla risoluzione di questi due problemi e alla convocazione di nuove elezioni in Israele.
Invitare Netanyahu ricompenserà il suo disprezzo per gli sforzi degli Stati Uniti volti a stabilire un piano di pace, consentire maggiori aiuti alla popolazione assediata di Gaza e fare un lavoro migliore nel risparmiare i civili. Ha ripetutamente respinto il piano del presidente Biden di rimuovere Hamas dal potere a Gaza attraverso la creazione di una forza di mantenimento della pace.
Una mossa del genere porterebbe molto probabilmente sulla scia di un’alleanza regionale molto più ampia, inclusa una visione per risolvere il conflitto israelo-palestinese, che non è solo nell’interesse di Israele ma anche nell’interesse di entrambi i partiti politici negli Stati Uniti. Netanyahu costituisce il principale ostacolo a questi risultati.
Fonte: Il Sole 24 Ore