l’arma segreta per la crescita professionale dei ruoli senior”
“Il feedback è la colazione dei campioni” ha scritto Kenneth Blanchard nel suo testo One Minute Manager. Un riferimento alimentare capace di evocare un’immagine appropriata, se è vero che il significato del verbo inglese “to feed” è proprio “nutrire”. Chi beneficia di questa valutazione riceve infatti qualcosa di nutriente, di funzionale alla sua crescita e al suo progresso personale. L’idea che il feedback sia necessario per lo sviluppo professionale delle figure junior è largamente condivisa, ma lo stesso non si può dire per i ruoli senior.
Se per chi si approcci da neofita al mondo del lavoro le indicazioni di responsabili e mentori sono al pari di gocce d’acqua per un fiore, imprescindibili per la crescita, chi raggiunge seniority ed expertise rischia di sottovalutare l’utilità di un riscontro costruttivo. In questo articolo vorrei soffermarmi su questa seconda considerazione, evidenziando come il feedback rappresenti uno strumento di formidabile strategicità per chi occupi posizioni executive.
Esiste un bias cognitivo noto come “overconfidence bias” che afferisce alla tendenza a sopravvalutare le proprie abilità cadendo nell’illusione di sapere abbastanza da avere più nulla da imparare. Senza la consapevolezza che non c’è limite all’apprendimento il rischio è di trasformarsi da “vecchi saggi” in “vecchi fuori mercato”. Nel mio relazionarmi a figure aziendali apicali ho riscontrato che sono proprio coloro che smettono di chiedere feedback a perdere in competitività: l’umiltà di accettare una valutazione, sia essa positiva o negativa, permette di accrescere sempre la propria esperienza indipendentemente da quanto già grande essa sia.
Alcuni suggerimenti pratici
Ecco dunque alcuni suggerimenti operativi per usare i feedback in chiave strategica. Innanzitutto è bene evitare richieste estemporanee procedendo a una programmazione a matrice, pianificando dunque un momento e un luogo in cui una persona possa aiutarci a decodificare i comportamenti attuati in un determinato arco temporale. Persona che va identificata in base alla competenza e all’effettivo valore che sia in grado di generare, non essendo il feedback un parere o un suggerimento bensì un’analisi verticale di una performance. Ai miei universitari sono solito dire: “Vi fate male? Vi rivolgete a chi vi vuol bene per farvi consolare e a un medico per farvi curare, non il contrario”.
In merito alle modalità con le quali comunicare un feedback esistono diversi livelli: quanto più si voglia essere strategici tanto più lo va calibrato sugli interessi dell’altro. Al pari degli chef stellati possiamo elaborare una ricetta ad hoc attraverso una selezione accurata degli ingredienti. Sceglieremo dunque le parole, le modalità e il contesto che più motivino la persona, che più le siano utili e che più la mettano nella condizione di crescere.
Fonte: Il Sole 24 Ore