Lavoro da remoto, nel 2025 previsti 3,7 milioni di «smart workers» in Italia

Lavoro da remoto, nel 2025 previsti 3,7 milioni di «smart workers» in Italia

Sette italiani su dieci contesterebbero la decisione della propria azienda, se questa decidesse di far rientrare tutti al lavoro in presenza in ufficio, e il 27% penserebbe seriamente anche di cambiare lavoro. Ma, se proprio fosse, chiederebbe almeno il 20% di stipendio in più, oltre che una maggiore flessibilità.

Nel 2025 previsti 3,7 milioni di «smart workers»

Gli italiani apprezzano lo smart working e non vogliono tornare indietro, come emerge da diverse ricerche, tra cui quella condotta dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano che, per il 2025, prevede una crescita del 5% del lavoro a distanza, che porterebbe a 3,7 milioni il numero di «smart workers» in Italia, dopo che nel 2024 la quota è stata di 3,55 milioni. Con alcune differenze tra il tipo di aziende: si lavora da remoto in media nove giorni al mese nelle grandi imprese, sette nella Pubblica amministrazione e 6,6 nelle Pmi.

Nelle grandi aziende, lo smart working coinvolge quasi 2 milioni di lavoratori (1,91 milioni, +1,6% sul 2023), un dato ormai vicino al picco della pandemia, con il 96% delle aziende che hanno consolidato la prassi. Tanto che per il prossimo anno una grande impresa su tre prevede addirittura di incrementarlo.

A fare passi indietro sono, al contrario, le piccole e medie imprese, dove si è passati quest’anno a 520mila lavoratori a distanza, contro i 570mila dell’anno scorso e dove solo l’8% ipotizza un aumento del lavoro da remoto nel 2025. Resta invece stabile la situazione nelle microimprese (625mila nel 2024, 620mila nel 2023). Nella Pubblica amministrazione, invece, il trend pare destinato a invertirsi: da 515mila smart workers nel 2023, si è passati a 500mila quest’anno, ma il 43% delle PA prevede un incremento dei lavoratori coinvolti nel 2024. A Roma anche per effetto del Giubileo.

Nuove forme di flessibilità

A farsi avanti sono anche nuove forme di flessibilità. Meno di una azienda su dieci ha adottato la settimana corta, ma l’idea sta suscitando interesse, si legge nel report del Politecnico di Milano. Un fenomeno emergente è anche l’International Smart Working, già possibile nel 29% delle grandi imprese che operano in Italia. Tutti modi per attrarre e trattenere talenti. Il principale rischio percepito dalle aziende resta, dall’altro lato, la perdita di senso di appartenenza e la riduzione dell’engagement (per il 57% delle grandi imprese), mentre per il 46% la preoccupazione è soprattutto la gestione in sicurezza dei dati.

Fonte: Il Sole 24 Ore