
Lavoro, maternità e famiglia pesano sull’occupazione femminile
Le madri hanno un tasso di occupazione decisamente più basso rispetto alle single. Il tasso di occupazione delle donne che vivono sole è del 69,3%, contro il 77% degli uomini. Questa percentuale scende al 62,9% nel caso le single siano madri. Quando la maternità è associata al vivere in coppia il tasso di occupazione scende ulteriormente, al 57,2%. In questo caso lo scarto con gli uomini sfiora i 30 punti percentuali: i padri in coppia hanno, infatti, un tasso di occupazione pari all’86,3%. È uno dei tanti freni all’occupazione femminile, come sottolinea un interessante focus Cnel-Istat «Il lavoro delle donne tra ostacoli e opportunità».
Tra le lavoratrici madri 25-34enni part time è al 41%
Il primo ostacolo per una lavoratrice madre è il tempo pieno, spesso difficoltoso da mantenere. Sul totale degli occupati infatti – si legge nel rapporto Cnel-Istat – il 31,5% delle donne (circa 3 milioni) lavora part time, contro l’8,1% degli uomini (circa un milione). Nella classe di età 25-54 anni solo il 6,6% degli uomini lavora a tempo parziale, contro il 31,3% delle occupate. La percentuale cala ulteriormente (4,6%) in presenza di figli, mentre tra le madri sale significativamente (36,7%). Tra le donne con figli sono soprattutto le 25-34enni a ricorrere al tempo parziale: 41%, contro il 38,1% delle 35-44enni e il 34,7% delle 45-54enni) La quota di part time per le madri cresce all’aumentare del numero di figli, con un picco pari al 48% per le madri più giovani con tre o più figli minori. I motivi della scelta del part-time sono perlopiù riconducibili alla necessità di prendersi cura dei propri figli o ad altre ragioni familiari, riportati da oltre il 50% delle madri occupate a tempo parziale.
Un terzo delle inattive lo è per la famiglia (uomini 2,8%)
Il secondo campanello d’allarme è l’inattività legata alla famiglia. Le donne inattive sono infatti oltre 7,8 milioni, pari al 63,5% del totale degli inattivi nella fascia di età tra i 15 e i 64 anni. La maggior parte delle donne inattive, si legge sempre nel rapporto Cnel-Istat, non solo non cerca un’occupazione, ma si dichiara anche non disponibile a lavorare. Tra le ragioni dell’inattività, le motivazioni familiari sono indicate dal 33,9%. Al secondo posto (28,6%) si colloca l’impegno in percorsi di formazione o studio. Il 7,5% (quasi 600mila donne) si dichiara scoraggiata, convinta di non riuscire a trovare un impiego. Per gli uomini i motivi dell’inattività sono riconducibili soprattutto ai motivi di studio (45,7%) o ad altri motivi (17,7%), mentre i motivi familiari vengono riportati solo dal 2,8%.
Nel Mezzogiorno in 4 coppie su 10 la donna non lavora
C’è anche un tema di opportunità di lavoro. Che continua a spaccare Nord e Sud. Nel Mezzogiorno in quattro coppie su 10 la donna non lavora, a fronte di valori inferiori al 20% nelle altre ripartizioni territoriali. Nel Centro-Nord sono più diffuse le coppie in cui l’uomo è il principale percettore di reddito da lavoro e quelle in cui il contributo dei due partner è analogo, con differenze rispetto al Sud e alle Isole che superano anche i 20 punti percentuali. Le coppie in cui nessuno dei partner ha un reddito da lavoro oppure lavora solo la donna sono più diffuse nelle regioni del Sud e nelle Isole (rispettivamente 8,4 e 7,5%).
Servizi prima infanzia poco diffusi (specie al Sud)
Un ulteriore aspetto critico sono le misure di conciliazione vita lavoro, spesso in Italia deludenti. I livelli di partecipazione al sistema educativo dei bambini tra 0 e 2 anni di età con riferimento ai soli nidi e alle sezioni primavera (pubblici e privati), evidenziano Cnel e Istat, continuano ad essere particolarmente bassi in Italia: si stima un tasso di frequenza del 28,1%. Dal punto di vista territoriale, la quota di iscritti sui residenti varia dal 17% del Mezzogiorno al 33% del Nord, fino al 37% del Centro, in linea con la disponibilità dei posti nei servizi censiti sul territorio. Si registra quindi una sostanziale saturazione delle strutture disponibili, in particolare nel Mezzogiorno, dove l’offerta è più carente. Proprio in quest’area, infatti, vi è un intenso ricorso all’iscrizione anticipata alla scuola dell’infanzia, che riguarda il 7,3% dei bambini di 0-2 anni, contro il 3,3% al Centro-nord (4,7% la media nazionale).
Fonte: Il Sole 24 Ore