Lavoro, perché l’Ia impatterà su due italiani su tre. Ma non per forza in negativo
Le nuove tecnologie, basate sull’intelligenza artificiale, stanno impattando sul mercato del lavoro, e secondo un focus contenuto nella relazione annuale di Bankitalia, potrebbero interessare quasi due lavoratori su tre. A essere coinvolte saranno soprattutto le posizioni che richiedono maggiori competenze cognitive; e questo avverrà in un quadro in cui, rispetto al periodo precedente la pandemia, la crescita dell’occupazione non si è tradotta in un miglioramento della sua composizione, che resta sbilanciata verso le professioni meno qualificate. Nel complesso delle economie avanzate l’esposizione all’IA riguarda circa il 60 per cento dei lavoratori. Il livello di esposizione è simile se si guarda ai soli Stati Uniti, mentre si colloca intorno al 70 per cento nel Regno Unito.
Luci e ombre
Tutto ciò va monitorato; ma non per forza può prendere una piega negativa. Il rapido sviluppo dell’intelligenza artificiale infatti potrebbe avere effetti rilevanti sul mercato del lavoro, che sono però difficilmente prevedibili: da un lato le nuove tecnologie sono ancora in fase di sviluppo e la loro adozione da parte delle imprese italiane è limitata (nel 2023 solo l’8 per cento delle aziende della Ue e il 5 di quelle italiane adottavano tecnologie di IA); dall’altro lato le conseguenze della loro applicazione saranno influenzate dalle scelte degli agenti economici interessati e dall’evoluzione del quadro normativo. Vi è tuttavia un generale consenso che le professioni più esposte siano quelle che richiedono principalmente competenze cognitive, mentre sarebbero meno coinvolte quelle che comportano attività manuali.
Possibili benefici per la produttività, terziario più a rischio
Sempre secondo il focus contenuto nella relazione di Bankitalia per il 40 per cento degli occupati vi sarebbe una relazione di complementarità con l’impiego dell’IA, con potenziali benefici in termini di produttività e domanda di lavoro; per oltre un quarto si riscontrerebbe invece una prevalenza del rischio di sostituzione. L’eterogeneità settoriale è notevole: poco meno di quattro quinti dei lavoratori dei servizi risultano esposti all’IA, mentre la quasi totalità degli addetti del settore agricolo e circa la metà di quelli dell’industria presentano un livello di esposizione basso. Nel terziario è elevato il rischio di sostituzione nei servizi di comunicazione e finanziari, mentre nell’istruzione e nella sanità prevale la complementarità.
Donne più esposte
Data la composizione della forza lavoro impiegata nei diversi settori e mansioni, le donne sono maggiormente esposte, con una quota superiore rispetto agli uomini sia nelle situazioni di complementarità sia in quelle di sostituibilità. I diplomati sono più interessati dal rischio di sostituzione, mentre i laureati si concentrano nelle professioni complementari. Non emergono invece differenze significative per classe di età.
Fonte: Il Sole 24 Ore