Le Alpi come una grande casa da abitare

Le Alpi come una grande casa da abitare

Salendo in montagna, l’ossigeno si affievolisce e in quel vuoto le cose importanti si distinguono con più precisione. Orizzonti di luce, priorità, confidenze con l’universo. Daniele Zovi, autore in passato di una magnifica Autobiografia della neve (Utet), lo sa bene e rivive sentieri, incontri, vette di una vita nel suo nuovo libro Sulle Alpi. Un viaggio sentimentale. L’afflato è in tanta meraviglia, in silenzi vitali che ci fanno arrivare sul Cervino e il Rosa, sul Civetta e il Mangart.

Innanzitutto, l’arco alpino è in una frase: “Ma con gran pena le reca giù” (MA: Marittime; CON: Cozie; GRAN: Graie; PENA: Pennine; LE: Lepontine; RE: Retiche; CA: Carniche; GIÙ: Giulie) e poi ci sono loro, le regine, le star, le Dolomiti.

Le Alpi partono sottovoce – esordisce Zovi, scrittore esperto di foreste e animali selvatici -: le Marittime sono anticipate dalle Alpi Liguri, montagne di altezza modesta. E di grande poesia. Alle spalle di Spotorno, sono i luoghi di Camillo Sbarbaro: c’è la sua poesia, ma ancor più affascinante è la sua dedizione allo studio dei licheni, la sua vera famiglia. Quasi compagni di vita: «Il lichene prospera dalla regione delle nubi agli scogli sommersi o spruzzati dal mare – scrive il poeta –. Scala le vette dove nessun altro vegetale arriva. Non lo scoraggia il deserto; non lo sfratta il ghiacciaio; non i tropici o il circolo polare. Sfida il buio della caverna e s’arrischia nel cratere del vulcano».

Fra piante e animali, come non seguire le tracce del lupo: Ligabue è un esemplare di lupo italiano che vagabonda tra Francia e Piemonte. E non sarà solo, come racconta quella straordinaria struttura di Entracque dedicata al lupo.

Le Alpi Cozie sono dominate dal Monviso, il “re di pietra” già noto a Pomponio Mela, Plinio il Vecchio, Petrarca, Dante e Leonardo da Vinci, con la torbiera di Pian del Re e il lago Fiorenza con il lago Chiaretto a forma di cuore. Non lontano, in Val Varaita, c’è un bosco rarissimo, una foresta pura di pino cembro di un’età stimata sopra 500 anni, che vale una passeggiata, il bosco dell’Alevè: «Ogni volta che tagliamo qualcuno di questi fili, ogni volta che facciamo sparire un pezzo di foresta o che provochiamo l’estinzione di una specie, la matassa si assottiglia, diventa più corta, più povera. E così anche la nostra vita».

Fonte: Il Sole 24 Ore