Le aziende come avamposto del cambiamento sociale

Nella creazione di luoghi di lavoro più inclusivi, le aziende giocano un ruolo fondamentale nella promozione dei diritti della comunità Lgbtq+. E mentre il legislatore fatica ancora ad affrontare questi temi, sempre più aziende arrivano ad anticipare la normativa in ambiti come il contrasto alla discriminazione e l’estensione dei benefici alle famiglie omogenitoriali.

«Una volta superata la barriera del silenzio e capita l’importanza di affrontare i temi dell’inclusione rispetto agli orientamenti effettivi e delle identità di genere, le imprese hanno dimostrato di essere più celeri nel cambiamento rispetto alla società grazie a flessibilità organizzativa e decisionale» commenta Igor Suran, direttore esecutivo di Parks – Liberi e Uguali, associazione senza scopo di lucro nata per supportare i datori di lavoro nella valorizzazione della diversità Lgbtq+ e che oggi conta 130 realtà affiliate.

Contrasto all’omotransfobia

Nello sviluppo di buone pratiche rispettose della diversità, le aziende mostrano di essere più avanti rispetto alla normativa vigente in tre aree. La prima è il contrasto alla omo-lesbo-bi-transfobia. «In mancanza di una legge – spiega Suran – le aziende possono implementare un sistema di sensibilizzazione, oltre che di monitoraggio e controllo, per prevenire casi di discriminazione attraverso codici etici e di comportamento e carte di valori».

Genitorialità

Un altro avamposto è rappresentato dalla protezione della genitorialità nel caso di famiglie omogenitoriali equiparando previdenze e permessi ed estendendoli a chi vive una condizione di genitorialità non riconosciuta. La terza area in cui l’azienda può offrire sostegno è nel percorso di affermazione di genere. «Agendo con linee guida e policy interne le imprese possono creare un sistema di facilitazioni per le persone in transizione, riconoscendo il genere e il nome di elezione e permettendo loro di vivere la propria identità ancor prima che la legge stabilisca la riassegnazione di genere».

Comunicarlo all’esterno

Chi è impegnato a costruire ambienti dove ogni voce viene valorizzata ha anche la responsabilità di comunicarlo all’esterno: «Mostrando il valore creato, le aziende coinvolgono dipendenti, clienti e fornitori in una nuova narrativa e diventano agenti del cambiamento», dice Suran. Il dovere è anche nei confronti delle nuove generazioni di lavoratori. Secondo l’indagine Ipsos Lgbt+ Pride 2024, in termini generazionali, la GenZ mostra la più alta percentuale di persone che si identificano come Lgbtqia+, con una media del 17% contro una percentuale del 5% tra i Baby Boomers. «Identificarsi porta con sé aspettative», commenta Suran ed è il motivo per cui le strategie d’inclusione vanno affrontate anche nell’attività di talent attraction e retention.

Fonte: Il Sole 24 Ore