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Le biciclette Wilier Triestina puntano sulla Cina: obiettivo 100 milioni di ricavi
Tre fratelli come amministratori delegati, da anni alla guida in piena armonia sulle strategie aziendali, espressione della terza generazione di una società rimasta ancora in mano alla famiglia che da 74 anni la gestisce. Già questa è una notizia per l’industria italiana che spesso si perde per strada nei passaggi generazionali. E lo è ancor di più perché la famiglia è Gastaldello e la società è Wilier Triestina, uno dei pochissimi marchi storici della bicicletta nazionale rimasto a proprietà italiana. Ormai quasi tutti i brand tricolori che hanno fatto la storia del ciclismo mondiale sono finiti in mano a fondi stranieri. Invece le due ruote che da Rossano Veneto continuano a correre in tutto il mondo sotto la guida di Andrea, Ceo, presidente e direttore amministrativo, Enrico, Ceo e responsabile commerciale, e Michele, Ceo e responsabile di produzione e R&S.
La stessa Wilier nasce come simbolo di orgoglio nazionale: il marchio è l’acronimo di “W l’Italia libera e redenta”, l’indicazione Triestina viene aggiunta nel secondo dopoguerra, quando Trieste diventa terreno di scontro con la Jugoslavia di Tito, con l’alabarda di San Giusto che diventa il logo ufficiale. Negli anni successivi l’azienda, fondata nel 1906 da Pietro Dal Molin, viene però travolta da un’Italia che viaggia sempre più a due ruote, ma preferisce quelle a motore. Giovanni Gastaldello, che aveva già un negozio di biciclette a Rossano, rileva nel ’69 all’asta il marchio e prosegue la produzione, spingendolo come uno dei nomi che fanno grande l’Italia del ciclismo eroico. La mano passa al figlio Lino, che prosegue la corsa all’insegna dell’industrializzazione di due ruote di alta gamma.
La terza generazione arriva a ridosso del passaggio di secolo con una visione più aperta al mondo. Il rilancio parte con la scommessa sulla Mercatone Uno di Marco Pantani nel 1997, all’indomani dell’incidente che rischiava di interrompere la carriera del Pirata: invece torna a vincere in Italia e in Francia con le sue imprese leggendarie, tra cui il record di scalata dell’Alpe d’Huez, che trainano Wilier Triestina nel mondo, con un export che sale all’80% del fatturato. «La verità è che non sappiamo fare bici brutte: condividere l’emozione di una bici ben realizzata ci rende felici», spiega Andrea Gastaldello, che di quella scommessa fu l’artefice, ben consapevole che le sue 28mila biciclette annue, per il 70% bici da corsa, sono ben poca cosa rispetto ai numeri dei colossi internazionali: “Per noi la qualità premia: il mantenimento di un prodotto riconosciuto in tutto il mondo di fascia alta, l’innovazione continua e una crescita ordinata, senza voler strafare, sono i cardini di una strategia vincente”.
L’apertura al mondo ha portato Wilier oltre i confini europei: «Abbiamo aperto un flagship store a Pechino, primo di una serie con cui puntiamo sulla Cina, mercato dove la bici sta crescendo di concerto con l’espansione di una classe medio-alta con elevata capacità di spesa». Altri quattro store sono stati aperti recentemente in Cina, più uno a Taipei, a supporto del piano di crescita sul fronte orientale. A fare da testa di ponte è la taiwanese Youn Live Bike, produttrice di bici per i mercati extraeuropei acquisita da Wilier parallelamente a Miche, società trevigiana di componentistica e ruote. A dare supporto finanziario è arrivato il fondo svizzero-canadese Pamoja Capital, entrato nel capitale per oltre un terzo, ma i tre fratelli mantengono saldamente la maggioranza. Grazie anche a quella spinta il fatturato ha toccato i 70 milioni di euro lo scorso anno, che diventano 80 se si aggiungono le due controllate, rispetto ai 45 milioni del 2019. Il 2024 è stato condizionato dalla frenata del mercato e Andrea prevede una stabilità delle vendite con una marginalità in calo dal 12 al 7% in seguito agli investimenti per la crescita e allo smaltimento del magazzino: «L’obiettivo è arrivare a 100 milioni in cinque anni, con un Ebitda del 15%», sostiene sicuro Andrea.
Che Wilier rimanga un marchio vincente lo dimostra anche Mark Cavendish, l’uomo immagine che quest’anno ha superato Eddy Merckx con 35 tappe al Tour de France. Sul settore corse il marchio tutto italiano continua a puntare come volano di diffusione con l’affiancamento di ben due squadre del circuito internazionale, la kazaka Astana Qazaqstan Team e la francese Groupama-Fdj.
Fonte: Il Sole 24 Ore