Le coop e il terzo settore chiedono un confronto al MiC sulle ICC

I rappresentanti del sistema cooperativo e delle organizzazioni del Terzo Settore, in una missiva inviata il 16 luglio al Sottosegretario alla cultura Lucia Borgonzoni, hanno chiesto di essere maggiormente coinvolti nella stesura definitiva dei decreti attuativi riguardanti le imprese Culturali e Creative previsti dalla Legge 206/2023; meglio conosciuta come legge per il Made in Italy. La lettera, firmata da Alleanza delle Cooperative Italiane Cultura, Confcooperative Cultura, Turismo, Sport, AGCI Culturalia, Culturmedia Legacoop e Forum Terzo Settore, ricorda come il Ministero della Cultura abbia coinvolto gli operatori di settore negli incontri preliminari alla stesura dei decreti e come l’approvazione fosse stata prevista in tempi brevi. Tuttavia, con la scadenza dei termini di legge ormai superata, le organizzazioni auspicano di essere ascoltate prima che siano adottati i decreti attuativi, in quanto esperte dei punti di forza e di debolezza delle ICC e, in particolare, del contributo che l’economia sociale può dare in questo importante asset. Fatto questo passo le associazioni attendono una risposta positiva dal Ministero della Cultura.

La questione dei decreti attuativi è una vicenda delicata di cui Arteconomy24 si sta occupando sin dall’entrata in vigore della legge e dei successivi incontri preliminari tra ministeri e operatori del settore.

Riavvolgiamo il nastro

I decreti attuativi previsti negli articoli 25, 26, 27, 29 e 30, senza i quali la riforma delle ICC risulta inattuabile, erano attesi per lo scorso 11 aprile. Allo stato attuale, sono trascorsi più di tre mesi dal termine ultimo fissato dalla legge, ma dei provvedimenti amministrativi si sono perse le tracce, creando malumori tra i rappresentanti di categoria e gli operatori di settore.

Quali articoli rendono la riforma incompleta?
Facciamo un breve riassunto dei punti della legge che necessitano dei decreti attuativi. L’articolo 25 individua l’impresa culturale e creativa attribuendo la qualifica agli enti, indipendentemente dalla forma giuridica, e ai lavoratori autonomi. La legge demanda a un successivo provvedimento le modalità e le condizioni di riconoscimento della qualifica e di revoca. Sono identificate le start-up innovative culturali e creative e, inoltre, viene istituito presso le CCIAA una sezione speciale in cui le imprese culturali devono iscriversi con l’obbligo per il sistema camerale di trasmettere l’elenco ogni anno al Ministero della Cultura. Nell’articolo 26 viene prevista la doppia iscrizione in un secondo albo delle imprese culturali e creative di interesse nazionale tenuto presso il Ministero della Cultura. L’articolo 27 riguarda la definizione degli artisti creatori digitali, i quali sviluppano opere originali ad alto contenuto digitale. Per tali opere è istituito un apposito registro pubblico con apposito decreto presso il Ministero della Cultura, ai fini di tutela degli autori. Si istituisce un fondo di 3 milioni annui dal 2024 al 2033 nell’articolo 29, mentre nell’articolo 30 si prevede la realizzazione del Piano nazionale strategico triennale per la promozione e lo sviluppo delle imprese culturali e creative, di concerto tra il Ministero della Cultura, il Ministero delle imprese e del Made in Italy e il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, sentita la Conferenza tra Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.
È evidente che senza i decreti attuativi la riforma è assimilabile a una scocca di una Ferrari senza motore.

Le opinioni degli operatori

Oltre la lettera abbiamo raccolto alcune dichiarazioni di chi opera da anni nel comparto per sondare lo stato d’animo. “Tra gli operatori c’è molto smarrimento – secondo Giovanna Barni di Culturmedia Legacoop – e la mancanza dei decreti attuativi rischia di impattare negativamente sul futuro di molti giovani e sui livelli di occupazione del settore. Inoltre, non si possono affrontare tanti temi caldi come la fiscalità, il partenariato speciale pubblico privato, la semplificazione burocratica, l’impiego dei fondi europei e nazionali e le sfide poste dalle nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale e i diritti dei creativi”. “Se l’Italia non si trova pronta con una strategia nazionale per le ICC si rischia di perdere molti appuntamenti importanti – conclude Barni”. Per Ermete Realacci di Fondazione Symbola “Il settore culturale e creativo è abilitante per altri settori e non solo per gli operatori in senso stretto. È un’infrastruttura immateriale per tutto il Made in Italy e, quindi, i ritardi ricadono su tutta l’economia”. Per Andrea Cancellato e Umberto Croppi di Federculture “Si è in attesa e non si capiscono i motivi del ritardo”.

Fonte: Il Sole 24 Ore