Le istituzionie il segno delle donne

cosa hanno in comune Nilde Iotti e Susanna Agnelli, Tina Anselmi e Adele Faccio? Poco, apparentemente, ma l’essere state figure politiche e istituzionali in un Paese che non riserva lo spazio adeguato alle esponenti femminili le avvicina in realtà tantissimo.

Le differenze, nella loro stagione e nella loro esperienza, si avvertono e tuttavia si inquadrano nel contributo comune che hanno dato al miglioramento della condizione della donna – e quindi della società.

Accanto alle quattro protagoniste già citate, c’è anche Tullia Romagnoli Carettoni nel volume a più voci curato da Patrizia Gabrielli (docente di Storia contemporanea e Storia di Genere a Siena e autrice di libri che sono un punto di riferimento su questi temi). La particolarità delle agili biografie è che si concentrano su un aspetto, come dichiara il titolo del libro: quello del ruolo nelle istituzioni. Sicché, per quel che riguarda Nilde Iotti (ne ha scritto Monica Fioravanzo), lo sguardo si rivolge agli anni da presidente della Camera, dove approdò (prima donna nella storia alla guida di Montecitorio) nel 1979, imprimendo la propria cifra di serietà, per non dire severità. Ma soprattutto mantenendo sempre un atteggiamento imparziale e terzo nell’esercizio delle sue funzioni.

Votata da tutte le forze politiche ad eccezione dei Radicali, in un Parlamento quasi interamente maschile, Iotti sottolinea nel discorso di insediamento l’eccezionalità della nomina di una donna a una delle più alte cariche dello Stato: un riscatto e al tempo stesso un punto di partenza per le italiane. Ciononostante, ricorda Fioravanzo, se si valuta nel complesso «l’azione politica della presidente Iotti, rispetto a un suo più intenso coinvolgimento nella “legislazione di genere”», sembra prevalere in quegli anni «la priorità di attuare e preservare una rigorosa posizione super partes, da lei appunto ritenuta distintiva della carica che ricopriva, insieme ai doveri e agli impegni della presidenza». Da questo punto di vista, va ricordato il suo impegno per snellire le regolamentazioni e velocizzare le procedure che ingolfavano Montecitorio, un impegno messo in campo a volte anche contro le idee del partito, nella convinzione che lentezze, pastoie e ostruzionismi allontanassero l’istituzione dalla società civile, cui invece essa doveva rispondere con celerità.

Proprio l’attenzione alla società civile motiva e caratterizza l’attività politica di Tullia Romagnoli Carettoni e Tina Anselmi, raccontate rispettivamente da Michela Minesso e Alba Lazzaretto. La prima, cui aveva dedicato una puntuale ricerca Paola Stelliferi (Tullia Romagnoli Carettoni nell’Italia repubblicana, Viella 2023) viene eletta al Senato nel ’63, dopo una lunga militanza socialista che l’aveva vista attiva sin dalla Resistenza. A Palazzo Madama, ricostruisce bene Minesso, agisce su vari fronti, dalla scuola alla tutela del patrimonio alla cooperazione internazionale che fu preminente nel ruolo, più tardi, di parlamentare europea. Ma il fil rouge che accompagna la sua attività istituzionale è l’emancipazione femminile, come dimostrano le proposte di legge per il divorzio e quella per la violenza sessuale per le quali si batte senza sosta, affrontando sulla propria strada non poche delusioni.

Fonte: Il Sole 24 Ore