Le politiche di austerità sono una minaccia soprattutto per il Sud

Le politiche di austerità sono una minaccia soprattutto per il Sud

Mercoledì 12 febbraio la Svimez ha presentato le sue previsioni sull’andamento dell’economia delle regioni italiane per il periodo 2024-2026. Lo studio, realizzato dalla Svimez in collaborazione con REF Ricerche, è particolarmente lodevole per chiarezza espositiva, profondità analitica e per la capacità di fornire un quadro completo delle implicazioni delle scelte di politica economica realizzate negli ultimi anni e, da ultimo, della legge di bilancio per il 2025. Esso mostra che, mentre nel 2024 il PIL Italiano è cresciuto con una leggera miglior performance del Mezzogiorno (0,8%) rispetto al Centro-Nord (0,6%), se lo sguardo volge al 2025-2026 la previsione è quella di una crescita inferiore all’1%, più bassa rispetto a quella dei principali paesi europei. Nel 2025, il Centro-Nord dovrebbe tornare a superare il Sud e, nel biennio 2025-2026, tornano a confermarsi quali motori del Paese, pur non senza criticità, Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia e Toscana. In estrema sintesi, quello che è stato presentato è un quadro di bassa crescita, con un’industria in difficoltà e le regioni del Sud penalizzate da alcune scelte di politica fiscale ma supportate dagli investimenti del Pnrr.

Che cosa si può trarre da queste previsioni? In primo luogo, che sarà essenziale attuare il PNRR nella sua interezza e garantire l’effettivo mantenimento della soglia del 40% di investimenti per il Sud. Ciò non è scontato dato lo spostamento in avanti del profilo temporale degli investimenti e la “congestione amministrativa” di cui scrissi già a fine 2020, proprio in una monografia per la Svimez. Il Pnrr sta tirando ma sarà importante assicurare un monitoraggio ufficiale, stringente e trasparente, dell’attuazione. Altrettanto fondamentale sarà portare a compimento gli investimenti previsti dai programmi cofinanziati dalla politica di coesione dell’Unione europea, la cui attuazione in Italia è attualmente in forte ritardo anche a causa della “congestione amministrativa”, appunto, causata dall’attuazione in contemporanea del Pnrr.

Negli anni a venire, anche considerato che terminerà il periodo di espansione legato al Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza, sarà imprescindibile adoperarsi per rilanciare sia l’industria italiana, sia lo sviluppo territoriale. Per farlo occorrerà che il governo italiano e le regioni italiane si facciano parte attiva nelle discussioni attualmente in corso sul futuro bilancio pluriennale dell’Ue, sulle future scelte di politica industriale europea, e sulla natura e sull’entità della futura politica di coesione che, stando allo stato attuale del dibattito, rischia di diventare ridimensionata, meno territorializzata e meno partecipata. Data la reintroduzione di politiche di austerità connessa alla riattivazione dei vincoli del patto di stabilità, infatti, per l’Italia e per il Mezzogiorno le risorse del bilancio Ue saranno più che mai essenziali. E lo saranno tanto più considerato il quadro di grande imprevedibilità del contesto internazionale e intra-Ue: dalle conseguenze della politica commerciale dell’amministrazione Trump, all’evoluzione incerta del quadro geopolitico con le conseguenze che ciò potrà avere sui costi dell’energia, sull’inflazione, sul potere di acquisto delle famiglie e quindi sulla domanda interna. Tutto ciò in seno a un’Unione europea in cui gli equilibri politici potranno cambiare ulteriormente in seguito, ad esempio, all’esito delle elezioni in Germania.

A margine di queste considerazioni generali si possono trarre anche alcune considerazioni più specifiche. La prima riguarda l’importanza di garantire scelte di politica economica e politiche pubbliche equilibrate dal punto di vista territoriale. Ciò non solo per salvaguardare il rispetto dei principi di equità e di giustizia sociale e territoriale previsti dalla Costituzione, ma anche per riavvicinare i cittadini alla politica. Se esaminiamo i dati delle recenti consultazioni elettorali che hanno riguardato il Paese nella sua interezza, ovvero le elezioni europee del 2024 e quelle per il Parlamento italiano del 2022, vediamo che a fronte di un elevato astensionismo generale è proprio il Sud d’Italia a dimostrarsi particolarmente passivo, con scarti rispetto al Centro-Nord di anche dieci punti. Ciò dice molto sul livello di fiducia nelle istituzioni di questa parte del Paese. La seconda considerazione riguarda gli effetti delle scelte di bilancio sulle pubbliche amministrazioni. Lo studio della Svimez mostra come la spesa per la Pa abbia avuto un effetto di traino per l’economia. Tuttavia, mentre il Pnrr ha dato una spinta alla realizzazione di interventi per il rafforzamento amministrativo, il rischio è che esaurita questa spinta si torni ad una pubblica amministrazione vista come freno e non come possibile motore per lo sviluppo, mentre l’efficacia dell’intervento dello Stato non può che passare per una pubblica amministrazione efficace, e che quindi deve essere adeguata in competenze e dimensione. La terza considerazione riguarda gli enti locali. Politiche e servizi a cittadini e imprese passano necessariamente per gli enti locali. Le politiche di austerità che si preannunciano dopo la “droga”, chiamiamola così, del Pnrr rischiano di andare a gravare particolarmente su di essi, soprattutto nel Sud dove la capacità fiscale è minore. Per l’anno in corso gli enti locali sono stati esonerati dai limiti per le assunzioni introdotti dalla legge di stabilità. Tuttavia, la questione è aperta per il futuro.

Professoressa Associata di Scienza Politica, Università di Padova

Fonte: Il Sole 24 Ore