Le protesi da Formula Uno: tecnologia, genio e umanità

Invasature sartoriali

Il loro lavoro è preceduto da quello di medici e ingegneri che accolgono a Budrio i pazienti amputati e desiderosi di fare sport grazie a una collaborazione decennale fra il Centro Inail e il Cip, il Comitato italiano paralimpico: «In questi mesi – continua Cutti – abbiamo studiato le protesi di 24 atleti azzurri appartenenti a otto federazioni, fra sport estivi e invernali. Nella ricerca protesica succede come in Formula Uno, lo studio sull’auto da gara – nel nostro caso, gli atleti – viene applicato poi a tutti i pazienti. Fare ricerca significa riuscire a creare una invasatura sartoriale: la parte della protesi su misura che abbraccia l’arto residuo deve essere robusta, facile da gestire, resistente e affidabile. Poi, a questa, si collega un piede, un ginocchio di modo che corpo e protesi lavorino in modo sinergico. Solo se la protesi non viene più percepita come un oggetto estraneo, lavorerà al meglio in una forma di perfetto biomimetismo».

Collaborazione con l’Università di Padova

Per affinare ancor di più il grado di simbiosi e affidabilità il Centro di Budrio, in collaborazione con la facoltà di Ingegneria dello sport dell’Università di Padova, guidata dal professor Nicola Petrone, ha potuto controllare ogni reazione delle protesi e dei corpi degli atleti grazie alla pista sensorizzata realizzata al Palaindoor di Padova. Il gioiello tecnologico che ci invidiano nel mondo è una pista con telecamera ad alta frequenza e dotata di 7 metri di pedane di forza, una zona di misura delle forze attigua all’asse di battuta del salto, un portale con un sistema per la misura del movimento mocap 3D (simile a quello utilizzato nei film di animazione) e un sistema per la misura della lunghezza del passo e la frequenza degli appoggi. Insomma, ben oltre l’occhio umano per capire come le forze in gioco sollecitano il corpo dell’atleta e, nel caso, come cambiare la protesi in base ai calcoli sulle forze che agiscono sulle articolazioni.

Il Progetto Olympia

Il Progetto Olympia si è concluso a fine 2023 ed è stato rinnovato con Olympia Pro, «l’evoluzione della prima collaborazione con Padova – spiega l’ingegner Cutti –. Ora ci concentriamo sull’Intelligenza artificiale che ci permette di sviluppare reti in grado di leggere video, di estrarre paramenti per capire se il piede lavora bene, se l’atleta si muove in modo corretto. Così, otteniamo una mole infinita di dati senza bisogno di fare nulla sull’atleta. Anche nella costruzione dell’invasatura l’Ia ci dà una mano perché riusciamo a far apprendere alle reti neurali come un bravo tecnico ortopedico mette a punto un’invasatura. Così la conoscenza implicita del tecnico ortopedico viene codificata grazie all’Ia e può aiutare il tecnico quando farà una protesi per nuovo paziente». La manifattura supportata dall’Ia è ben più di una frontiera della ricerca, come anche la stampa in 3d delle protesi e la sensorizzazione delle stesse: i sensori permettono di capire cosa fa un paziente con la protesi, come la usa, se ci sono problemi e, nel caso, portare i cambi suggeriti dai dati in una medicina su misura, estremamente personalizzata. «Il sensore è come una scatola nera – conclude Cutti –, invia informazioni tramite smartphone e il tecnico offre suggerimenti da remoto o invita l’atleta a un controllo». Insomma, frontiera della frontiera, come di consueto a Budrio. Come lo è per Martina Caironi saltare oltre la frontiera delle sue medaglie.

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Fonte: Il Sole 24 Ore