Leggerezza, relax, profumi dell’inverno a Marrakesh

Leggerezza, relax, profumi dell’inverno a Marrakesh

A Marrakech non si va per i monumenti grandiosi. Ancorché interessanti, si contano sulle dita di una mano: la millenaria moschea della Ketoubia, l’antica Madrasa Ben Youssef dalle 130 stanze e milioni di tessere da mosaico su pavimenti e pareti, il quattrocentesco Palazzo el Badi, le Tombe Saadiane e poco più. In una giornata li hai visti tutti. Eppure, secondo l’Unesco, la città è patrimonio dell’Umanità, per la medina con il suq labirintico, e per la sua piazza Jamaa el Fna, un fantasioso teatro di arti e mestieri, dall’incantatore di serpenti ai cavadenti, ai fuochisti che vendono carne arrosto sulle bancarelle.

Il fascino del lifestyle

Comunque quando proponi di andare a Marrakech, sono tutti pronti a partire. Per tante ragioni. Il volo diretto e veloce, massimo 3 ore e mezza dagli aeroporti italiani. I prezzi umani. L’atmosfera, sempre lieta e tranquilla. E lo stile di vita. A chi arriva da una metropoli di stressati cronici dove, tutto è schedulato, un weekend a Marrakech promette relax, libertà e leggerezza. Qui si cambia ritmo, si va all’hammam (super quello di La Sultana), si contratta ore per un paio di babbucce in rafia, si provano i nuovi ristoranti, come The Farmers e Mizaan. Si vive di istanti: un tè alla menta, un biscotto di mandorle e fiori d’arancio, la preghiera del muezzin nell’aria. Ti guardi intorno e stai bene.

Dall’alta ospitalità ai piccoli riad

Pochi monumenti, è vero, ma c’è tanto da fare. Per chi non lo ha già visto, il Musée Yves Saint Laurent, nel quartiere moderno di Guéliz, è una strabiliante architettura di solidi in terracotta con un’esposizione di abiti da perdere la testa per la bellezza. Il lato privato dello stilista invece si scopre visitando la sua Villa Oasis, dietro l’angolo, dove si può entrare solo con i tour organizzati da alcuni hotel, come Four Seasons, uno dei pochi se non l’unico ad avere le chiavi di questo suggestivo ritiro pieno di ricordi, dipinti, oggetti personali. Quanto a esperienze, gli hotel di Marrakech detengono un primato assoluto perché conoscono le scorciatoie per scoprire il lato più misterioso della città, tra giardini privati e atelier a cui non si potrebbe altrimenti avere accesso. Le grandi compagnie internazionali del lusso ci sono tutte, comprese Aman e Mandarin Oriental, ma la vera arte dell’ospitalità marocchina si gusta alla Mamounia, che ha da poco compiuto cento anni, e al Royal Mansour, il più principesco di tutti, e l’unico ad aprire la porta della casa-museo del profumiere Serge Lutens. C’è poi un’accoglienza più bohemienne ed eclettica, quella dei riad, con poche camere e un design sensuale. Tra evergreen e nuovi, la scelta è complicata, quasi come orientarsi nelle strade della medina dove sono nascosti. L’ultimo nato, lo scorso ottobre, è Riad Romeo. Il nome sta per Romeo Gigli, uno dei grandi stilisti italiani dell’epoca d’oro che con la moglie Lara e la figlia Diletta si occupa di questo hotel di appena cinque camere curato nei dettagli come una collezione di vestiti, con mobili disegnati da lui e prodotti da artigiani locali, a parte qualche pezzo di Jacopo Foggini, famoso designer ma soprattutto suo carissimo amico. A dicembre apre la boutique, con edizioni limitate e altri capi sempre disegnati in famiglia, e iniziano le residenze d’artista. Una formula questa sempre più diffusa. I creativi hanno un ingresso preferenziale a Marrakech. Che siano pittori, scultori, fotografi ma anche registi o scrittori, solo loro possono fare domanda per soggiornare nella «fattoria» degli architetti parigini Karl Fourier e Olivier Mart, i fondatori di KO Studio famosi per il musée Yves Saint Laurent e il ristorante Shabi Shabi con staff solo al femminile. La fattoria è in un villaggio alle porte del deserto di Agafay, un posto per il quale bisogna essere preparati. È un viaggio nel tempo, senza Internet, il forno a legna per cucinare, le stufe per riscaldarsi in inverno (le temperature possono abbassarsi notevolmente) e arrivarci è di per sé un’impresa. Eppure sono 40 minuti dalla città. Lo gestisce Jean-Noël, sempre seguito dal suo adorabile cagnolino-ombra, che ha anche una sua pensioncina nella medina: si chiama come lui, Riad Jean-Noël (cercatelo su Instagram – @riadjeannoel – anche per informazioni sulle residenze d’artista) e dicono che crei dipendenza.

Il regno dello shopping

Sarà la luce, saranno le fessure sui muri, i colori e le loro consistenze burrose, l’estetica di Marrakech è speciale. Provoca colpi di fulmine. Fred e Rosena Charmoy si sono innamorati a prima vista della casa atelier del pittore francese Patrice Arnaud, a una trentina di chilometri dalla medina. L’hanno comprata e chiamata Farasha Farm, poche camere in stile bucolico bohemien e una piscina olimpionica all’ombra degli ulivi. Rosena è una fonte inesauribile di consigli per scovare i migliori artigiani, designer e creativi marocchini e Marrakech è la città dello shopping, a rischio compulsione. Anche se ormai si può ordinare tutto online, ci sono pezzi «compra e fuggi», senza pensarci troppo come i cappotti colorati di Topolina e gli abaya di Norya Ayron. Nel suq labirintico si fanno ottimi affari ma bisogna avere tempo per contrattare, che sia per un paio di babbucce in rafia (l’ultima moda) o una lanterna di bronzo. Il quartiere più interessante è Sidi Ghanem, la zona industriale dove molti ex capannoni sono stati trasformati in show room e atelier. Come Maison Sarayan che espone mobili e paraventi sontuosi e un cortile dove si pranza tra una selva di kenzie e il cinguettio degli uccellini in sottofondo. Di design si occupa anche Soufiane Zarib: il suo negozio è una specie di tempio metafisico a tra navate e due piani che sembra disegnato da De Chirico, dove si vendono arredi artigianali, arazzi e tappeti. Alcuni sono rigenerati partendo da brandelli per ridare vita a ogni centimetro tessuto a mano dalle mamme e dalle nonne, perché le giovani donne marocchine, al telaio, preferiscono lo studio o un lavoro nel turismo. Invece sono quasi tutte donne le dipendenti di Côté Bougie, un laboratorio di candele e profumi d’ambiente dove si fa tutto a mano e la cera si scioglie ancora in decine di pentoloni sui fornelli a gas. Forse è proprio questa la formula del successo per cui oggi hanno più di 200 negozi, dall’Europa a Dubai. Sempre in zona, LRNC è l’atelier dell’artista belga Laurence Leenaert che crea ceramiche, tessuti e sandali dalle forme elementari che personalizza una per una. Il suo ultimo progetto è Riad Rosemary, cinque camere realizzate come pezzi unici e angoli perfetti per la contemplazione: una sedia, due vasi, qualche pianta e, di nuovo, ti sembra di essere in paradiso.

Fonte: Il Sole 24 Ore