Legno, in arrivo misure antidumping sui prodotti cinesi
Dopo aver ottenuto l’estensione dei dazi antidumping sull’importazione di legno compensato di betulla dalla Russia anche a Kazakhstan e Turchia, l’industria europea del legno guarda con soddisfazione all’introduzione di altri due importanti misure antidumping da parte dell’Unione europea, questa volta nei confronti della Cina. La prima, annunciata da un Regolamento della Commissione lo scorso 18 dicembre, entrerà in vigore il prossimo 16 gennaio, e prevede un dazio tra il 42,3% e 49,2% sui prodotti cinesi in legno per pavimenti, che diventerà definitivo (per 5 anni) il prossimo luglio. Una decisione che fa seguito alle verifiche avviate lo scorso maggio grazie alle segnalazioni di Fep, la Federazione europea dei produttori di pavimenti in legno, e di altre aziende del settore.
La procedura per i compensati in latifoglie
La seconda (decisa lo scorso 17 dicembre) riguarda invece l’importazione di compensato di legno di latifoglie dalla Cina e interessa in particolare l’industria dei pannelli: a seguito delle segnalazioni del Greenwood Consortium (il Consorzio che dal 2023 raggruppa i principali produttori europei di compensato di latifoglie di Bulgaria, Repubblica Ceca, Finlandia, Francia, Ungheria, Lettonia, Italia, Polonia e Spagna), la Ue ha deciso di avviare le verifiche necessarie per valutare l’esistenza di fenomeni di dumping. In caso positivo, tra maggio e giugno del prossimo anno dovrebbe essere introdotto un dazio temporaneo, destinato a diventare definitivo entro fine anno, ma con una importante novità (che riguarda anche il dazio sui pavimenti), ovvero l’applicazione retroattiva del dazio sino a nove mesi prima dell’introduzione definitiva, allo scopo di evitare possibili “corse” alle scorte di materiale sottocosto, come accaduto in passato ogni qualvolta venisse ventilata l’introduzione di misure antidumping.
«L’applicazione di dazi non è certo la soluzione agli squilibri di competitività determinati dalla globalizzazione economica», osserva Nicoletta Azzi, consigliere di Assopannelli di FederlegnoArredo e titolare di Panguaneta, una delle aziende europee selezionate dalla Commissione per collaborare nella verifica dell’esistenza di comportamenti scorretti da parte dei produttori cinesi. Tuttavia, in una fase riflessiva della domanda, per non dire stagnante, in molti settori della manifattura, le misure antidumping possono essere uno strumento utile per appianare quantomeno le distorsioni di mercato che penalizzano le imprese europee, chiamate dall’Unione a rispettare standard di qualità, sicurezza e tutela dell’ambiente condivisibili negli obiettivi, ma che determinano costi di produzione aggiuntivi, aggravati dal fatto che, finora, Bruxelles ha applicato viceversa maglie molto larghe e scarsi controlli nei confronti dei produttori extra-Ue che vendono in Europa, determinando spesso uno squilibrio di competitività.
Il dazio sui pavimenti in legno
Qualcosa sembra invece essere cambiato nella sensibilità della Commissione nei confronti delle imprese manifatturiere: «Dall’inizio del 2024 sono state avviate circa 15 procedure antidumping nelle più diverse categorie merceologiche – spiega Lorenzo Onofri, presidente di Fep -. Quella sui pavimenti in legno provenienti dalla Cina si è resa necessaria perché, sebbene da anni i prodotti cinesi vengano importati in Europa e ci sia sempre stato un divario di prezzi, la situazione è precipitata negli ultimi due anni». Rilevazioni di mercato hanno dimostrato che nel periodo 2021-2022 (ovvero il biennio di forte impennata nei prezzi delle materie prime e dei semilavorati) c’è stato un importante aumento delle importazioni di pavimenti cinesi, i cui prezzi sono cresciuti tra il 15% e il 20%, mentre nello stesso periodo i prodotti europei hanno registrato incrementi fino al 60%, portando a un evidente disparità competitiva.
«Questo è stato il campanello d’allarme che ha reso necessario avviare una procedura di dumping perché c’è uno squilibrio importante tra il costo delle materie prime importante da parte della Cina, che noi conosciamo bene perché sono in gran parte di origine europea e soprattutto francese, e il costo finale dei prodotti trasformati che le aziende cinesi rivendono in Europa». Impossibile, hanno segnalato le aziende, che i pavimenti tornassero nella Ue a prezzi che, in molti casi, non potrebbero coprire nemmeno quelli pagati dai produttori per alcuni componenti, come il rovere francese.
Fonte: Il Sole 24 Ore