L’empatia per andare oltre l’indifferenza e l’individualità (anche al lavoro)
Negli ultimi tempi, l’empatia ha suscitato un’attenzione crescente nel contesto lavorativo, emergendo come un fondamento essenziale per le aziende di ogni dimensione, dalle startup alle grandi imprese. In un’epoca in cui l’intelligenza artificiale progredisce rapidamente, si discute sempre più del valore dell’empatia per trasformare le dinamiche aziendali, rafforzare la comunicazione e favorire una collaborazione più proficua tra colleghi. Ma cosa rende così importante l’empatia?
Questo interrogativo ha catturato l’interesse di numerosi autori nel corso dei decenni: da Theodor Lipps, che ha posto le basi per una comprensione moderna dell’empatia, fino ad autori contemporanei come Martin Hoffmann, Jeremy Rifkin, Daniel Goleman e Paul Bloom, il dibattito sull’importanza e sulle implicazioni dell’empatia si è rivelato vivace e intriso di spunti illuminanti.
Tuttavia, c’è un libro che a mio avviso si distingue per la sua straordinaria attualità, nonostante sia stato scritto più di un secolo fa. “Il problema dell’empatia” di Edith Stein, filosofa e monaca cristiana, è un’opera che continua a brillare per la sua profonda analisi del valore e del significato dell’empatia, in un’era in cui le relazioni umane e la collaborazione sono al centro dell’attenzione. Le riflessioni dell’autrice, dopo oltre cento anni, possono essere uno stimolo al ragionamento anche nell’attuale mondo del lavoro.
Attraverso la sua prospettiva filosofica e la sua sensibilità umana, Edith Stein ci offre una visione chiara e ispiratrice del ruolo fondamentale dell’empatia e la definisce come un processo conoscitivo attraverso cui possiamo comprendere l’intersoggettività, concetto che si riferisce alla relazione tra soggetti umani e che si sviluppa attraverso le interazioni sociali, la comunicazione e la comprensione reciproca. In altre parole, l’intersoggettività si basa sull’idea che la nostra comprensione del mondo e di noi stessi non sia determinata solo da processi individuali, ma anche dalla nostra interazione con gli altri. È come se ogni scambio ci arricchisse, ampliando i confini del nostro essere attraverso il dialogo e la condivisione con gli altri. Pensando all’ambito lavorativo, in questo modo possiamo condividere idee, aspirazioni e contribuire attivamente alla creazione di una cultura aziendale inclusiva e stimolante. È un processo di costruzione condivisa, dove ogni voce trova spazio e ogni prospettiva arricchisce il mosaico delle nostre esperienze lavorative.
L’intersoggettività diventa così il cuore pulsante di un ambiente di lavoro che va oltre certi sterili rapporti tra colleghi, uno spazio dove le relazioni si intrecciano e si fortificano, le differenze vengono celebrate e le diversità accolte. È un terreno fertile per l’innovazione e la creatività, in cui le idee si scontrano e si fondono, dischiudendo nuovi orizzonti di possibilità. In questo modo, attraverso la consapevolezza e la pratica dell’empatia, possiamo trasformare il nostro ambiente di lavoro in un luogo di crescita personale e collettiva, dove ognuno si sente realmente parte integrante di un progetto comune.
Fonte: Il Sole 24 Ore