L’immigrazione è una grande opportunità da gestire

L’immigrazione è una grande opportunità da gestire

Il boom che ci ha portato dall’avere una popolazione di 1,5 miliardi di persone agli inizi del ‘900 agli 8 miliardi del nuovo millennio deve essere considerato come un trend del passato. Andiamo molto rapidamente incontro ad un calo della popolazione mondiale e, soprattutto, a un aumento dell’età media. Mille anni fa era normale morire a trent’anni, oggi in Europa è considerato del tutto inaspettato passare a miglior vita a settanta. In questo contesto, non possiamo ragionare con i cliché del passato; dobbiamo tenere conto di due fenomeni molto rilevanti e che, in quanto tali, necessitano di essere gestiti con grande attenzione.

Aspettative di vita e carenza di manodopera

Faccio riferimento, da un lato, all’aumento delle aspettative di vita, che sono raddoppiate nel mondo occidentale a partire dalla Rivoluzione industriale; dall’altro, alla strutturale carenza di manodopera giovanile a cui i Paesi più sviluppati andranno molto presto incontro per via dei bassissimi livelli di fertilità, che ben presto si tradurranno nello spopolamento di questi territori. Non possiamo pertanto perseverare nell’idea di uno schema di vita secondo cui il sistema formativo si protrae fino ai 25 anni, circa 35 anni sono dedicati all’attività lavorativa e, infine, trent’anni riguardando la pensione. È questa una prospettiva semplicemente sbagliata per l’individuo e per la società. Dovremo abituarci a lavorare più a lungo: sarà la nuova normalità. Questo significherà uscire da uno schema rigido di alternanza scuola-lavoro-quiescenza. Invece di avere una fase per studiare, una per lavorare e una per andare in pensione, avrà più senso riarticolare su base continuativa questi “stadi di vita”. Le persone torneranno a studiare più volte, si prenderanno pause in periodi ed a età diversi e cambieranno lavoro con una certa frequenza. Sarà forse questo il modo per rendere la longevità sostenibile e, soprattutto, vivibile.

Un mondo nuovo e vecchio allo stesso tempo

Per far funzionare un mondo del genere, dovremo riorganizzare istruzione, lavoro, pensioni, welfare e sistemi sanitari. Ad esempio, non si andrà più all’università o si riceverà una formazione solo da giovani: sarà un’attività che ci accompagnerà per tutta la vita. Anche l’idea di avere un’età fissa per la pensione diventerà priva di senso. Le persone dovranno avere la possibilità di scegliere quando lavorare e quando no, in diversi momenti della loro vita. Alzare semplicemente l’età pensionabile per tutti non è né efficiente né equo, visto che l’aspettativa di vita non è distribuita in modo uniforme. Stiamo entrando in un mondo “nuovo e vecchio” allo stesso tempo. È il risultato di un grande successo, ma c’è anche il rischio reale di un futuro insostenibile se non opportunamente gestito.

Gestire l’immigrazione

Serve d’altro canto gestire il fenomeno dell’immigrazione in modo diverso. Ad oggi, e in parte anche a ragione, è visto come un problema e un rischio. Il fenomeno dello spopolamento richiede di trasformarlo in opportunità da gestire e vi sono le condizioni perché questo si realizzi. La differenza nei salari medi tra i Paesi ricchi e quelli più poveri è impressionante. Nel 2021, secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro, il potere d’acquisto dello stipendio medio mensile in Etiopia era solo il 5% di quello in Germania. Perfino in India era appena il 15%. Questi divari creano sia la più grande opportunità di arbitraggio sul pianeta, sia un enorme potenziale di miglioramento del benessere.

Se 1,1 miliardi di persone potessero trasferirsi….

C’è chi sostiene che, se 1,1 miliardi di persone potessero trasferirsi e il loro guadagno medio annuale fosse di 15mila dollari in termini di potere d’acquisto, il ricavo totale sarebbe di 16,5 trilioni di dollari (è come se mettessimo in rete un Pil pari a 5 volte quello italiano). Aggiunge, peraltro, che questo sarebbe oltre 100 volte superiore ai benefici di tutti gli aiuti allo sviluppo destinati ai Paesi in via di sviluppo. Tuttavia, anche se queste differenze salariali creano un enorme incentivo economico per i poveri a trasferirsi nei Paesi ricchi, anche solo temporaneamente, in realtà pochi riescono a farlo: i controlli sono troppo rigidi, e i costi e i rischi semplicemente troppo elevati nonostante i Paesi ricchi abbiano sempre più bisogno di nuovi lavoratori. Occorre pertanto leggere in modo diverso il fenomeno della immigrazione: una grande opportunità da gestire, attraverso un sistema chiaro di assegnazione di identità e responsabilità per le differenti tipologie di immigrati/lavoratori.

Fonte: Il Sole 24 Ore