l’importanza delle competenze e il ruolo dell’AI

Le aziende assumono le persone per le qualifiche e le licenziano per le competenze e i comportamenti. Un assunto forte, ma estremamente attuale e, soprattutto, vero. La complessità di reperire le risorse umane “perfette” per la propria organizzazione, segnata dalla serrata competizione per accaparrarsi i migliori talenti da una parte e dalle incertezze di natura economica e normativa dall’altra, impongono ai manager HR (e al management tutto) un nuovo modo di fare selezione del personale.

L’approccio che oggi viene richiesto all’assunzione risponde ad alcuni specifici requisiti: occorre che sia molto più strategico e innovativo, che sia più flessibile e orientato alle competenze. «Il saper fare – come precisa Elena Balzaretti, direttore della divisione HR Advisory di PageGroup – non basta, perché è il come lo fai che cambia il successo di un processo di selezione sul medio periodo».

Il modello competenze-centrico, a dispetto di quello basato sulle qualifiche scolastiche e tradizionali, dà priorità alle capacità di un candidato, ne valorizza il potenziale e guarda anche al futuro della risorsa e del ruolo che occupa. I benefici si ottengono a lungo termine, perché si guarda oltre la contingenza di coprire una posizione e si va nella direzione di ampliare il patrimonio di know-how e talento dell’organizzazione. La vera sfida, aggiunge ancora Balzaretti, è individuare le competenze giuste per il ruolo giusto e per questo motivo vanno messe in campo un mix di soluzioni su misura (dal design organizzativo alle analisi emotivo-comportamentali) finalizzato a mappare le competenze soft dei candidati.

Quanto sia importante scegliere bene lo conferma un semplice dato: un’assunzione sbagliata può costare alle aziende circa la metà della retribuzione annua lorda della persona, comprendendo in questo calcolo gli oneri del processo di recruiting, gli stipendi pagati al dipendente, le spese per la sua formazione e gli eventuali benefit. C’è poi un impatto intangibile che può generare l’aver introdotto in organico un profilo non adatto al ruolo e alla funzione richiesta, e cioè l’influenza negativa riversata sul clima lavorativo, sulle performance e sul business in generale. «Un team composto da membri che non collaborano bene o che non possiedono le competenze necessarie – conclude la manager di PageGroup – può portare a frustrazione, inefficienza e persino turnover».

L’iter di selezione basato sulle competenze si concentra in tal senso su ciò che un candidato è in grado di fare mentre nel percorso di valutazione delle skill tecniche e trasversali-comportamentali dei candidati giocano un ruolo critico gli strumenti di assesment, la cui prerogativa è essenzialmente quella di aumentare la percentuale di successo dell’assunzione (fino al 90%, secondo PageGroup) e di ridurre al minimo gli errori di selezione, favorendo l’inclusione e la costruzione di un piano di carriera e di crescita per la nuova risorsa da subito. Sotto la lente di ingrandimento ci vanno sia le abilità tecniche sia quelle personali ed emotivo-sociali, indispensabili (queste ultime) per capire se il candidato può adattarsi alle caratteristiche culturali e operative dell’azienda. Una selezione accurata che fa leva sul bagaglio di competenze della persona è dunque l’obiettivo a cui le aziende devono tendere, e non solo per evitare i costi (molto significativi) di una cattiva assunzione ma anche per rafforzare l’immagine aziendale e il brand e consolidare una strategia di gestione del personale più orientata all’efficacia.

Fonte: Il Sole 24 Ore