L’industria dell’animazione: «Servono più investimenti da Tv e piattaforme»
«È arrivato il momento di vederci riconosciuti per quello che siamo: un esempio di creatività e qualità». A dirlo è Carolina Terzi, presidente di Cartoon Italia, associazione che aderisce all’Anica e che rappresenta un settore, quello dell’industria dell’animazione, che in Italia, se si considerano anche le società di service e di licensing, comprende circa 80 aziende con circa 6mila addetti.
Il giro d’affari stimato è di circa 500 milioni includendo il fatturato del licensing & merchandising. Un business che gli addetti al settore lamentano come in calo nel 2024. «L’Italia – sottolinea Carolina Terzi, che oltre a presiedere Cartoon Italia è produttrice di Mad Entertainment, premio Donatello per il film d’animazione “La gatta cenerentola” – è l’unico Paese europeo che ha una sola emittente a investire, per obbligo di legge, nella produzione di cartoni animati, ed è la Rai, in virtù del Contratto di servizio. Questo comporta che se la Rai fa slittare di qualche mese l’approvazione del suo piano di produzione annuale, tutto il comparto si trova in grave difficoltà». L’associazione stima che siano almeno una ventina le aziende ad oggi del tutto ferme.
È per questo che l’industria dell’animazione ha tentato, senza successo però, di far introdurre nel Tusma (il Testo unico dei servizi media audiovisivi) sottoquote di programmazione e di investimento per le Tv private e per le piattaforme on demand operanti in Italia, a favore dei produttori di cartoni animati. L’ultimo tentativo, in ordine di tempo, era stato pensato come un possibile emendamento al decreto Cultura. Ma nei fatti la questione non ha avuto seguito.
«Se guardiamo i dati Cinetel relativi ai film, al box office del 2024 tra i primi 10, ben 9 sono stranieri. E tra i primi 6, sono 4 quelli di animazione: “Inside Out 2”, “Oceania 2”, “Cattivismo Me 4”, “Kung Fu Panda 4”. E questo a dimostrazione anche dell’interesse del pubblico giovane adulto verso il genere. Purtroppo in Italia siamo fra gli ultimi Paesi in Europa per produzione di lungometraggi in animazione», dice al Sole 24 Ore Anne-Sophie Vanhollebeke, presidente di Cartoon Italia per 10 anni e attualmente componente del board di Cartoon Media Europe.
All’interno di Cartoon Italia la stima messa nero su bianco lascia pochi spazi a dubbi: con un investimento annuo di 10 milioni di euro da parte delle piattaforme nella produzione di cartoni animati italiani – e in questo caso si tratterebbe della metà dell’investimento Rai – il comparto crescerebbe del 43% con la creazione di 1.120 posti di lavoro. Ecco perché l’idea di maggiori investimenti da parte di Tv e piattaforme viene vista come centrale. «Penso che il Presidente del Consiglio – continua l’ex presidente di Cartoon Italia – sia sensibile a questo tema e alle difficoltà che incontriamo. Siccome servirebbe molto poco da parte del governo per incentivare le piattaforme americane ad investire nei cartoni animati italiani, sono fiduciosa sul fatto che un giorno avremo il suo supporto anche perché i cartoni animati sono uno strumento potentissimo di trasmissione della nostra cultura e dei nostri valori alle nuove generazioni non solo in Italia ma in tutto il mondo. Non a caso gli stati Uniti hanno utilizzato l’animazione come strumento di soft-power durante la Seconda guerra mondiale e gli altri Paesi europei hanno sempre tutelato la loro produzione nazionale. Riporto uno dei motti più famosi della BBC che recita: “L’identità e la memoria di una nazione nascono dai suoi programmi per i bambini”».
Fonte: Il Sole 24 Ore