L’infanzia, così bella, così triste
Nelle lunghe sere dorate di giugno, tra i profumi degli orti, e più oltre, al di là dei cespugli di lillà, a piedi nudi nei campi e poi nello stagno fiorito e velato di una «bava verde», si muovono persone abbrutite dalla miseria, sformate dalla violenza, subita e restituita, rinchiuse nei confini dell’ignoranza, financo della lingua del Paese che le ospita; e ragazzine che ancora riescono ad abitare in questi due mondi coincidenti e paralleli.
Bambine che rubano e si strappano carne e capelli nelle lotte con le sorelle o le compagne di scuola, ma anche capaci di trovare un vero amico in un cane, di gioire contemplando «una distesa fangosa» dove «lungo i bordi crescono giunchi giganti, alti papiri, crescioni fioriti di bianco». E «nel fango è tutto un guazzabuglio di piante, lunghi ranuncoli d’acqua, dai fiori gialli e rotondi, astranzie con ampie ombrelle bianche offerte al sole, trifogli d’acqua di un rosa violetto e molte altre ancora, tutte con steli e foglie carnosi che piangono acqua non appena li si coglie e si disfano e muoiono».
Meritavano sicuramente di essere riscoperti anche I pipistrelli, racconti che Adelphi ha portato in libreria nella bella versione di Lorenza Di Lella e Francesca Scala. L’ultima, intensa opera di Inès Cagnati, in cui un’umanità indigente e crudele e una natura rigogliosa e magnifica convivono creando un insolito contrasto, che non si risolve nello scandalo del grottesco, non si annichilisce nell’amarezza, ma acuisce il senso di solitudine e alimenta il sublime.
Nata nel 1937 a Monclar-d’Agenais, nel dipartimento del Lot e Garonna, l’autrice era figlia di immigrati. La madre originaria della provincia di Vicenza, il padre di quella di Treviso: erano parte degli oltre ottantamila contadini, braccianti, operai italiani che negli anni 30, insieme a molti altri migranti economici del resto d’Europa o del Nord Africa, si installarono in Aquitania sperando di vivere una vita meno stentata. Perlopiù analfabeti e incapaci di parlare o anche solo di capire il francese, tentarono di coltivare terre paludose e rocciose abbandonate dai proprietari morti nella Grande guerra o trasferitisi in città.
Cagnati pubblicò poco, tre romanzi e questa raccolta di racconti, su un arco di meno di vent’anni: dal 1973 al 1989. Poi, più niente fino alla morte, avvenuta nel 2007. Tutti i suoi lavori furono premiati – I pipistrelli ricevette il Prix de la nouvelle de l’Académie française nel 1990 – ma la sua fama rimase confinata in Francia (e di lei comunque si sa poco): solo alcuni anni fa è stata tradotta negli Stati Uniti e poi in Italia, dove Adelphi ha pubblicato Génie la matta nel 2022 e Giorno di vacanza nel 2023. Scrisse in francese, di cui nel 1970 era divenuta insegnante al liceo Carnot di Parigi, ma la sua lingua materna, dichiarava, era l’italiano, solo quello aveva parlato quando era bambina, lei e la sua famiglia non conoscevano nessuno e non andava ancora a scuola. Un’infanzia triste, come quella delle ragazzine che ritrae: solo nella natura, con gli animali che le accolgono festosamente, tra le piante, di cui sanno tutti i nomi, si sentono felici.
Fonte: Il Sole 24 Ore