«L’intelligenza artificiale può essere un rischio per la ricerca»
Osservare, formulare ipotesi, verificare e replicare. Sono i fondamenti del metodo scientifico, il miglior modo che il genere umano abbia messo a punto per generare nuova conoscenza, nella fisica e in tutte le scienze fondamentali. È un processo che richiede tempo, rigore e un continuo confronto con la realtà, in cui ogni verità dev’essere dimostrata e ogni errore non è che un passo verso una comprensione più profonda. «L’intelligenza artificiale, per quanto potente e affascinante, si muove su un terreno completamente diverso: non osserva, non verifica, non replica», spiega David Gross, premio Nobel della fisica nel 2004 per i risultati nella cromodinamica quantistica, ospite a Trieste per i sessant’anni del Centro internazionale di fisica teorica Ictp. «L’Ia si limita a calcolare la risposta più probabile, pescando da un mare di dati preesistenti, senza cercare la verità». Ed è proprio in questa carenza intrinseca che risiede il limite invalicabile che separa l’IA dalla fisica, la tecnologia dalla scienza: il ricercatore non si accontenta di ciò che è plausibile, ma si interessa di ciò che è dimostrabile attraverso un percorso che richiede rigore ma anche creatività, intuizione e dialogo critico tra colleghi.
L’assenza di criteri di verifica
«Immaginiamo una macchina che inventa storie con assoluta convinzione. Per esempio, la creazione da parte di un’intelligenza artificiale di una narrazione fantasiosa su un elefante che avrebbe attraversato a nuoto il canale della Manica», continua Gross. «Tutto falso, ovviamente, ma raccontato con una tale coerenza da sembrare verosimile». Questa è la tipologia di errore che l’IA tipicamente commette, perché non possiede alcun meccanismo di autoregolazione per testare l’attendibilità delle affermazioni generate. Se potrebbe essere tollerabile in ambiti meno critici, come la generazione di testi creativi o la sintesi di dati generici, in un contesto scientifico rischia di essere inutile o addirittura controproducente.
L’assenza di criteri di verifica – come sostiene Gross – non solo ne mina la credibilità come strumento epistemologico, ma la rende potenzialmente pericolosa, soprattutto se adoperata per sostituire i processi tradizionali senza una comprensione chiara dei punti deboli.
La prevalenza del business è un limite per la ricerca
Un’altra potenziale criticità deriva dalla velocità con cui l’intelligenza artificiale e le altre tecnologie correlate, come il calcolo quantistico, si stanno sviluppando. Questo ritmo frenetico lascia forse poco spazio alle domande, non solo etiche ma anche sul senso di quel che si sta sviluppando. «Le normative esistenti, spesso lente e inadatte ad affrontare un panorama di applicazioni in continua evoluzione, non riescono a tenere il passo con le innovazioni», specifica il premio Nobel. «Nel frattempo, grandi aziende private di vari comparti stanno investendo enormi risorse in queste tecnologie, legittimamente attratte dalla possibilità di benefici immediati e dal ritorno economico». Tuttavia, la crescente influenza del settore privato nella ricerca scientifica solleva qualche interrogativo: la scienza prospera in ambienti di apertura, trasparenza e collaborazione, mentre la prevalenza degli aspetti commerciali rischia di limitare la libertà di ricerca e di concentrare l’attenzione su obiettivi a breve termine, a scapito delle questioni fondamentali che richiedono tempi lunghi (con risultati spesso incerti).
«Il contrasto tra la velocità del progresso high tech e la lentezza della scienza di base è evidente. Oggi i centri di eccellenza della ricerca sono quelli in cui si valorizzano l’interazione umana, il dialogo e la condivisione di idee», sottolinea Gross. «La fisica teorica è un campo che prospera attraverso la creatività e il confronto critico, un processo che non può essere replicato da algoritmi». Se l’Ia può essere utilizzata per accelerare calcoli complessi o analizzare grandi quantità di dati, manca invece dell’intuizione necessaria per fare avanzare la conoscenza in modo significativo. La ricerca scientifica è ben più di una serie di numeri e modelli: è una comunità di menti che lavorano insieme per affrontare le grandi domande sull’universo e sulla materia.
Fonte: Il Sole 24 Ore