L’Inter travolge il Napoli e spaventa le prentendenti al titolo

L’Inter travolge il Napoli e spaventa le prentendenti al titolo

Qualche ragione Mazzarri ce l’ha, però il suo Napoli, rispetto a quello di Spalletti, ha due evidenti problemi: quello di segnar poco e di subir tanto. La difesa partenopea non è mai stata granitica, però i gol di Kvratskhelia e Osimhen l’anno scorso facevano la differenza. In questa fragilità l’Inter ci è andata a nozze.

La Juventus non molla

Resta infine una sensazione: che il divario tra Inter e Juve in prospettiva sia maggiore rispetto agli attuali due punti anche se la squadra di Allegri è tenace come un mulo. Vincere a Monza con un gol di Gatti al 94’, dopo aver subìto l’1-1 due minuti prima, è un trionfo della volontà, della voglia di vincere costi quel che costi. Che poi una squadra, con degli attaccanti come Chiesa, Vlahovic e Kean, debba trovarsi a dover difendersi dal Monza, resta un mistero che solo Allegri può spiegare visto che, oltretutto, non ha neppure lo stress delle coppe. Ma sono domande inutili alle quali Allegri non risponderà mai. Oppure risponderà dicendo – con il suo ghigno – che la Juve deve soprattutto pensare a conquistare un posto nelle prime quattro per la Champions. È un discorso trito e ritrito, ma dal quale non si esce. E comunque, con il suo conservatorismo da vecchia Democrazia Cristiana, la Juventus procede. Con una riserva però: che giocando così non pensi poi di andare in Champions a far faville. Non stupiamoci se poi il contrasto con alcune big europee è così stridente. Spettacolo e intensità, fuori dalla nostra «comfort zone», sono quasi la regola, proprio perchè se il calcio rinuncia al divertimento, nessuno avrà più voglia di andarlo a vedere. Se hai Chiesa e Valhovic inoperosi, e i gol li fa Gatti, c’è qualcosa che non quadra. Allegri dica quello che vuole, ma dei 94 minuti con il Monza, teniamo solo gli ultimi quattro.

Una boccata d’ossigeno per il Diavolo

Quanto al Milan, dopo la vittoria sul tenero Frosinone (3-1), resta al terzo posto a 6 punti dall’Inter e quattro dalla Juventus. Sui guai del Milan, dagli infortuni ai suoi alti e bassi, e del suo deludente cammino di Champions, si è detto di tutto e il contrario di tutto addossando soprattutto su Pioli le responsabilità di quanto finora è accaduto.

Diciamo la verità: Pioli trafitto come San Sebastiano (cui il tecnico pure vagamente somiglia) fa comodo a tutti. Fa comodo alla società, fa comodo ai tifosi, fa comodo ai giocatori che hanno un bel parafulmine che li protegge. Eppure, come è emerso da una recente intervista di Paolo Maldini uscita su «Repubblica», le responsabilità vanno riportate a chi guida la società che quest’estate, licenziato Maldini, ha lasciato Pioli praticamente da solo o con dei dirigenti manager che bel poco sanno di calcio giocato. Vale più la pratica che la grammatica, ammonisce il proverbio. Non basta aver studiato alla Bocconi, o affidarsi agli algoritmi, per far coesistere dieci giocatori nuovi tutti stranieri. E anche gli infortuni diventano più probabili se molti di questi giocatori, nelle pause del campionato, sono chiamati dalle loro rispettive nazionali. Il Fondo americano, di cui Gerry Cardinale è l’azionista di controllo, pretende tutto subito ma il calcio è un altro film. Ci vuole pazienza, lungimiranza. Se non hai riserve adeguate, puoi chiamarti anche Milan, ma perderai lo stesso anche con l’Udinese. Con il Frosinone, come già la settimana prima con la Fiorentina, il Milan ha cercato soprattutto di uscire dai guai. Questa era la «mission», per dirla all’americana. Una boccata di ossigeno in attesa che tornino Giroud, Leao e il resto di una Legione straniera più spesso in infermeria che in campo. Sabato a San Siro si è visto qualche timido segnale come il risveglio di Jovic e il quinto gol in A di Pulisc. Anche la prova di Teo Hernandez al centro della difesa e il ritorno di Bennacer fanno ben sperare ben sapendo però che la Champions è ormai appesa a un filo.

Mourinho vince e parla in portoghese

Lo Special One, dopo la vittoria sul Sassuolo (1-2), ne inventa un’altra commentando il successo della Roma in portoghese. «Perchè il mio italiano non è abbastanza forbito»m ha detto alludendo ai suoi critici. Mourinho è fatto così: per andare avanti, e autocaricarsi, deve avere dei nemici. Ama i duelli, il rumore delle spade. Prima della gara col Sassuolo, parlando dell’arbitro che l’avrebbe diretta, ha detto: «Mercenaro? Non è adatto a partite così, non ha stabilità emotiva». Ancora più velenoso su Berardi: «È un top ma fa di tutto per avere rigori e ammonizioni», aveva sentenziato il Pifferaio magico che intanto, in attesa di un’indagine federale, ha raggiunto il Napoli in quarta posizione, zona Champions. Un mito, Mourinho. Per questo a Roma lo amano.

Fonte: Il Sole 24 Ore