Liti fiscali, il ricorso conterrà una proposta di conciliazione
Nelle valutazioni preliminari che si stanno svolgendo, si punta a rafforzare questo doppio strumento (autotutela e conciliazione preventiva) per limitare sul nascere l’insorgenza di nuovi contenziosi. Toccherà comunque al contribuente decidere se fare una proposta di «conciliazione preventiva», con la rideterminazione dell’ammontare della pretesa tributaria, su cui l’Agenzia dovrà pronunciarsi.
Un tema allo stato dibattuto riguarda la responsabilità amministrativa dei funzionari. Una delle ipotesi preliminari mira a prevedere che in caso di rigetto del reclamo o di rifiuto della proposta di conciliazione preventiva, l’ufficio, che poi nel processo viene condannato, non solo rischia il pagamento delle spese, ma può anche incorrere nella responsabilità aggravata se si accerta che ha resistito in giudizio con «colpa grave» o «malafede». Inoltre, la condanna può rilevare anche ai fini di una eventuale responsabilità amministrativa del funzionario che ha immotivatamente rigettato il reclamo e non ha accolto la proposta di conciliazione preventiva.
L’impugnazione
C’è poi un tema legato alla sospensione dell’atto impugnato, istituto disciplinato dall’articolo 47 del Dlgs 546/1992. La delega fiscale prevede la possibilità di impugnare le ordinanze che accolgono o respingono le istanze di sospensione.
Il problema è che, spesso, queste istanze non hanno risposta in tempi rapidi. Nell’ultimo anno in primo grado risultano esserci state 64.890 istanze di sospensione, ma ne sono state decise solo 17.030, delle quali 11.041 rigettate. A colpire è soprattutto il numero delle istanze non ancora decise: 53.912 in primo grado, di 26.045 ferme da oltre sei mesi.
Al momento non è ancora stato deciso in via definitiva né il procedimento né l’organismo a cui rivolgersi per l’impugnazione: il Mef sta valutando la possibilità di rivolgersi alla corte di secondo grado seguendo l’iter del reclamo contro i provvedimenti presidenziali.
Fonte: Il Sole 24 Ore