ll Napoli non brilla ma resta al comando. Anche l’Inter a Roma vince di corto muso

L’importante è vincere. L’importante è il risultato. Quello che conta sono i punti incamerati per andare avanti in classifica. Questo è la polpa, il resto è contorno.
Se queste cose le avessimo dette ai tempi della Juve di Allegri, apriti cielo! Tutti sarebbero saltati in piedi e con il dito accusatore ci avrebbero fatto notare che nel calcio moderno, con i tempi televisivi, bisogno soprattutto fare spettacolo con partite combattute giocate a testa alta e non con il braccino corto. Ci avrebbero poi detto che un’epoca è finita, che ora ci vuole velocità e profondità, con triangolazioni filtranti tra le linee. Con i difensori che devono saper fare anche gli attaccanti, e gli attaccanti anche i difensori.

Tutto molto bello. Tutto stupendo.

Peccato che ora gli stessi che predicavano il calcio spettacolo e il nuovo che avanza adesso si esaltano per l’esatto contrario magnificando la striminzite vittorie della capolista Napoli a Empoli (1-0), dell’Inter all’Olimpico con la Roma (1-0), della Juventus a Torino con la Lazio (1-0), e del Milan che l’ha sfangata in qualche modo a San Siro con l’Udinese (1-0). Tutte vittorie di “corto muso” arrivate, a parte quella dell’Inter a Roma, grazie ad episodi molto discutibili, che permettono sicuramente di fare dei passi avanti in classifica (al Napoli di conservare il primato), lasciando però tanti dubbi sulla legittimità di questi successi e soprattutto sul modo come sono stati raggiunti. Con prestazioni mediocri, gioco lento e prevedibile e spesso anche con l’aiuto del fattore C. Vero che la fortuna alla fine premia gli audaci e i più forti, però almeno che si abbia l’onestà di dirlo: sì, è vero, un bel culo aiuta.l’andamento lento dei partenopei

Invece è tutto un fiorire di complimenti. Molto ipocriti, molto ruffiani. A partire dal Napoli (solo a quota 19), che con l’Empoli porta a casa tre punti benedetti da San Gennaro e da tutti i suoi 52 santi protettori. Vincere è importante, certo, ma i partenopei hanno sempre subito la pressione dei toscani riuscendo a spuntarla solo con un rigore di Kvratskhelia (63’) su cui poi si potrebbe discutere all’infinito perchè è uno di quei penalty (atterramento subìto da Politano) che fino a poco tempo fa, non sarebbe mai stato fischiato.

E che adesso invece gli arbitri fischiano come vigili nel traffico impazzito.A parte che tutti questi episodi alla fine diventano decisivi, rovesciando il giudizio tecnico di una partita, è corretto però dire che il Napoli ha deluso. E che l’Empoli l’ha quasi sempre sovrastato. Ma siccome è il risultato poi a determinare i giudizi oggi verrà ripetuto che si vede la mano di Conte, che è una vittoria della squadra, dell’umiltà, del lavoro e dell’applicazione. L’unica cosa giusta, di questo elogio dell’andamento lento, è che gli scudetti si vincono anche così, cioè raddrizzando le partite storte.

Lautaro di nuovo decisivo

Un po’ come è successo all’Inter che ha battuto al’Olimpico la Roma grazie al 133esimo gol in nerazzurro di Lautaro, dopo aver perso in avvio prima Calhanoglu (rilevato da Frattesi) e poi Acerbi, sostituito da De Vrij. Usciti entrambi per risentimenti muscolari. Sembrava nata male, questa sfida, tra infortuni e il portiere Sonner che si fa scivolare sul palo un cross del tutto innocuo. E Invece, grazie alle fragilità della Roma e alla ritrovata vena di Lautaro (che eguaglia con 133 reti l’ungherese Nyers, mito del Dopoguerra), l’Inter ritorna a due punti dal Napoli proiettandosi con la dovuta serenità verso Berna per il nuovo impegno di Champions con lo Young Boys. Un successo meritato, il terzo consecutivo, più produttivo che bello. Anche quando non brilla, l’Inter è una corazzata con riservisti valido quanto i titolari. La Roma invece, pur pericolosa nel primo tempo, vive un momento di gran confusione. Contestata dai tifosi e con Juric sempre sono esame, non riesce mai ad andare al dunque per precipitazione e i troppi errori individuali. Lo stesso gol di Lautaro è nato da un doppio pastrocchio difensivo facilmente evitabile.

Fonte: Il Sole 24 Ore