Lo Spalletti pensiero: «Dalla Spagna una lezione. Ora cambieranno gli uomini, non l’idea di calcio»

Gelsenkirchen – Lo sguardo è dimesso, ferito; la penna a scatto nervosamente schiacciata più e più volte tra le mani mentre sta parlando, come se mentre rivede il film (horror) di questa Spagna-Italia, Luciano Spalletti volesse a ogni fotogramma riscriverne la trama, lo sviluppo, il finale. E invece pure da qua bisogna ripartire, perché il nostro Europeo ci regala (si fa per dire) già una finale, quella di lunedi a Lipsia contro la Croazia. Tutta da giocare, con un gruppo azzurro che ora dovrà dimostrare di sapersi rialzare da questa notte nera, dove a far male (ed è la cosa peggiore), più del risultato, è la prestazione.

Indietro non si torna

Giochista, per convinzione e vocazione, Luciano Spalletti, lo è e continuerà ad esserlo. Anche lunedi a Lipsia, quando però qualcosa (e qualcuno) cambierà, per forza e necessità. Ma la strada maestra del gioco (magari con un 3-5-2 più adatto agli uomini a disposizione e figlio del campionato) non cambierà. “Convincere i calciatori diventa facile. Noi abbiamo probabilmente recuperato male su quella che era la pesantezza a livello di importanza del torneo. C’è stata troppa differenza da un punto di vista di brillantezza – spiega con sguardo prostrato il ct – . Non è che si possa andare a parlare di altre cose, è la base. Se non hai la stessa gamba degli altri non puoi fare le scelte con gli stessi tempi di reazione. Se non hai questa brillantezza e sei compassato di fronte a un avversario che ha qualità tecnica come loro perdi di lucidità, qualsiasi possibilità di reazione. Alla base si è evidenziato questo, che loro avevano una gamba oltre le qualità tecniche di Williams e Yamal che hanno velocità sopra la media. I tempi di reazione sono stati differenti e questo ti porta a essere vittima delle riaggressioni, a sbagliare innumerevoli passaggi facili che abbiamo sbagliato ma hanno lo stesso denominatore che è la freschezza di gamba”.

Gamba corta

Ma questo passo cadenzato e questi polmoni vuoti da dove arrivano? Qui iniziano i dubbi e i rimpianti, i peggiori compagni di viaggio verso Lipsia. “Forse dovevo farli recuperare di più, dargli più giorni di recupero perché gli abbiamo dato un giorno e mezzo – prova ad argomentare Spalletti -. E si è visto che è stata la scelta giusta come valutazioni nel monitorare col gps, ma la differenza è stata netta, siamo sempre stati lunghi, non abbiamo mai accorciato gli spazi dentro e ci hanno creato problemi anche oltre il risultato, è inutile girarci intorno. Sulle verticalizzazioni abbiamo fatto di più, ma c’è stata troppa frenesia. Non siamo mai stati corti o giocato un calcio fluido. Quando abbiamo recuperato palla abbiamo fatto difficoltà a giocarla, dopo averla ripresa l’abbiamo rimessa subito in discussione. E abbiamo sbagliato passaggi facili che non si possono sbagliare”.

Altro livello

Voleva vedere il livello di questa Italia, il commissario tecnico, che sembra quasi sparire ora in quella giacca di cui aveva magnificato eleganza e stile alla vigilia. A vedere questa Spagna è un po’ l’Italia che vorrebbe vedere in futuro, che però sembra lontano, troppo lontano per quello che si è visto sul parto della Schalke Arena. “La Spagna la vorrebbero copiare tutti come modo di giocare. Io devo riuscire a far capire l’importanza di fare la partita ad armi pari. Se ti metti lì contro queste squadre diventa difficilissimo alla lunga – aggiunge laconico-. Bisogna ribaltare il concetto di squadra, la mentalità. Potresti fare una squadra di corsa che non palleggia e dare il pallino agli altri, ma non è un calcio che mi piace fare e mi resta difficile anche insegnarlo, perché non lo so fare. Per fare quello sono la persona meno adatta. Bisogna riandare a giocare la palla come abbiamo fatto nelle ultime due partite. E a tentare di prendere noi il pallino. Eravamo lunghi come squadra, poco reattivi, poco capaci di fare scelte anticipate su dove dovevamo portare questa palla. Mi aspettavo il tentativo di fare qualcosa di più, ma poi va molto a condizionarla il fatto che le gambe vanno di meno. E quella è la ragione da rimettere a posto, tutto il resto viene di conseguenza”.

Conseguenze

Ora bisogna rimettere subito insieme i cocci, reinventare senza distruggere quel che pure di buono s’è fatto in questa decina di partite (non va dimenticato) di gestione-Spalletti, catapultato sulla panchina azzurra certo dopo l’anno fenomenale del tricolore a Napoli, ma soprattutto dopo il traumatico divorzio tra la Figc e Roberto Mancini. “La partita ha detto che loro sono stati una squadra e noi non ci siamo riusciti. Una partita che hanno meritato di vincere a prescindere dalla differenza di gol – riconosce apertamente il ct -. Non siamo mai stati dentro la partita e a creare delle situazioni corrette per andarsi a confrontare con un calcio di questo livello”.

Fonte: Il Sole 24 Ore