Lofoten, passaggio misterioso tra le isole tropicali del Nord
La sabbia bianca e impalpabile. Graniti plasmati dalle maree. Montagne corrugate mai toccate dalle glaciazioni. E un mare verde-turchese che ricorda quello delle Seychelles. A 383 km a nord del circolo polare artico, l’arcipleago norvegese delle isole Lofoten è un mistero, a sicuro effetto spaesamento. A cercare risposte si scopre che vent’anni fa, 100 chilometri a ovest dell’isola meridionale di Røstlandet, si apprese dell’esistenza della più intatta barriera corallina del mondo. Il Røst Reef è un mondo sommerso lungo 43 km, generato dalla madrepora Lophelia Pertusa, sconosciuto ai più perché nascosto a due gradi di temperatura a 300-400 metri di profondità. Una barriera che non è nelle mappe del diving, ma che è in parte responsabile della qualità della sabbia e dei fondali. Alle Lofoten si può andar per spiagge, vivendole in modo differente, tra montagne che si specchiano nei fiordi e sfumature che ricordano le Antille.
L’arte contemporanea irrompe nelle case dei pescatori
Un primo assaggio di spiaggia artica che sa di Tropico è Rørvik, all’estremità sud dell’isola di Austvågøy, dove la notte di San Giovanni, a fine giugno, si accedono fuochi sulla sabbia, tra scogli che paiono dorsi di balena e graticci per l’essiccazione del merluzzo. Il norvegese Per Barclay li ha utilizzati per la serie fotografica Lofoten Different Lights , scavandoci sotto una vasca riempita di olio per motori. Uno specchio perfetto, nero come la pece, per riflettere la piramide di legno cui si appendono i merluzzi. La strada che costeggia la spiaggia porta alla Kaviar Factory di Henningsvaer, uno spazio per l’arte contemporanea ricavato in una fabbrica di “caviale”, la pasta di uova di merluzzo. La finestra da cui si issava il pesce è uno dei migliori posti per osservare il sole di mezzanotte. La vicina spiaggia di Kalle è una delle poche in cui l’acqua, non gelida, è buona per tentare un tuffo. Il porticciolo medievale di Storvågan, sempre su Austvågøy, il primo costruito a nord del circolo polare, custodisce nel Lofot Museet le tracce dell’epopea dello stoccafisso. Una baracca di legno affacciata alla baia, un focolare, due reti e quattro assi per riposare, rivelano che qui vivevano, dormendo nello stesso letto, falegnami e pescatori.
A Laukvik per osservare il sole di mezzanotte
Il sole di mezzanotte – che qui si racconta essere afrodisiaco – si va a osservare sulla spiaggia di Laukvik, dove grandi onde si infrangono spettacolari su un cordone di scogli, e a Grunnfør e Brenna, sempre sull’isola di Austvågøy, tra rocce muschiate, scogli lisci e licheni. Con il sole che rotola come una biglia infuocata sulla linea dell’orizzonte (quest’estate fino al 22 agosto circa), la notte è la replica del giorno. Ogni momento è buono per contemplare, camminare, fare una sauna o montare a cavallo. Accade sulla mezza luna di sabbia di Hovsund, sulla piccola isola di Gimsøya, sito di un antico insediamento vichingo, in cui si cavalca tra ciuffi di vegetazione dunale, fino al faro. La vista è eccezionale anche da Eggum, sull’isola di Vestvågøy dove, superata una costellazione di spiagge frequentate per il surf, uno sterrato porta a un vecchio fortino, la postazione radar della British Intelligence del 1944, poi alla solitaria installazione dello svizzero Markus Raetz, la stilizzazione di una testa di granito, lo sguardo rivolto virtualmente al sole che non scompare. Magnifica nel suo isolamento, Testa è una delle installazioni site-specific del progetto Artscape Nordland, sparse in tutta la Norvegia settentrionale, un dialogo tra paesaggio, osservatore e opere d’arte esposto al divenire di luce e stagioni.
I fiordi da girare in kayak
L’ambiente diventa alpino nella zona di Utakleiv, sempre su Vestvågøy, con capre al pascolo, link erbosi e grandi massi lisci che srotolano da un anfiteatro di montagne. Qui, affacciate allo Steinsfjorden, sfilano le spiagge di Leitebakken e di Haupland, questa più volte votata come la più bella della Norvegia: acqua smeraldo, pareti scoscese, tracce di onde come segni di land art. Questi fiordi occidentali sono perfetti anche per il whalewatching, da fare in kayak in autunno quando i grandi mammiferi vengono a cibarsi di aringhe. Nujfjord, più a sud, è il grande attrattore dell’isola di Moskenesøy, dove la spiaggia da mettere nel carnet degli indirizzi è Ramberg, bianchissima e profonda. L’epitome del villaggio di pescatori norvegese si allunga su una baietta con le sue casette rosse, le rorbu. Quelle originarie, da affittare barchetta a remi inclusa, risalgono al 1850. La vasca di legno per il bagno in acqua calda montata sulle rocce è opera degli studenti della facoltà di architettura di Oslo. C’è un solo ristorantino a Nusfjord e un emporio che vende calzettoni di lana. Se non piace pescare, l’attività più gettonata, oltre alla contemplazione del paesaggio, resta l’accensione del camino. Poco lontano, in una scarpata di cespugli prima del villaggio di Hamnøy, la spagnola Cristina Iglesias ha scolpito in una fenditura di roccia una stilizzazione a rilievo chiamata Foglie di Alloro, un motivo che si ripete come in una tessitura, un ricamo nel paesaggio. Difficile da trovare come il reef, tutelato, fino a oggi, dalle prospezioni geosismiche che cercano gas e petrolio
Fonte: Il Sole 24 Ore