Lotta al granchio blu: in campo risorse per 54 milioni di euro e vongole dal Portogallo
Un piano con sei linee d’azione e risorse per 54 milioni per contrastare l’emergenza Granchio blu. Il crostaceo è originario delle coste atlantiche americane, ma è ormai stabilmente presente nel Mediterraneo dal 1987 per mancanza di predatori naturali. Ha devastato le produzioni di vongole del Delta del Po, creando danni per oltre 100 milioni di euro. Dopo le iniziative di Federagripesca che, aveva iniziato a importare le vongole portoghesi per affrontare l’emergenza tra Emilia Romagna e Veneto, arrivano le altre misure pubbliche.
Una partita da 54 milioni di euro
La partita vale, complessivamente, 54 milioni. Si tratta di 10 milioni gestiti dalla struttura commissariale per la messa a terra del piano cui si sommano altri 44 milioni di euro disposti dal ministero dell’Agricoltura per interventi contro la proliferazione della specie invasiva. In particolare i 44 milioni serviranno per indennizzare le imprese sui fronti della semina, ripopolamento e la protezione degli allevamenti; copriranno i rimborsi per la cattura e la protezione dell’acquacoltura; incentiveranno ricerca e sviluppo tecnologico.
Il ministro dell’Agricoltura
«Abbiamo lavorato con i centri di ricerca e con tutti quelli che potevano contribuire per la redazione di un piano che potesse essere efficace per il rilancio delle attività di acquacoltura che per me sono fondamentali, in particolare quello della vongola verace e per riutilizzare il Granchio blu a fini di crescita economica e di sviluppo, anche attraendo investimenti esteri molto interessati a questo prodotto – ha sottolineato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, alla presentazione del Piano straordinario contro il Granchio blu al Masaf-. Di fatto si sono già create delle filiere commerciali esattamente in corrispondenza dell’epifenomeno, inizialmente con delle start up che hanno operato per valorizzare questo prodotto e poi adesso anche con investimenti di carattere estero, oltre che italiano, che permettono ai consorzi di acqauacoltura di dare valore a un prodotto che prima era solamente un problema di scarto. Investimenti sono in questo caso asiatici, ma è una trattativa che stanno tenendo a livello privatistico i consorzi».
Un piano sino al 2026
A predisporre il piano, che interesserà Delta del Po (Polesine e area ferrarese), le lagune e i tratti costieri dell’Alto Adriatico e alla cui stesura hanno contribuito l’Ispra, il Cnr, il Crea e le Capitanerie di porto interessate al fenomeno, è stato il Commissario Straordinario, Enrico Caterino, nominato dal Governo Meloni lo scorso 20 settembre. Il programma di intervento prevede una serie di azioni da svolgere nel biennio 2025-2026 con l’obiettivo di contribuire alla difesa della biodiversità degli habitat colpiti dall’emergenza oltre che contenere e contrastare il fenomeno della diffusione e della proliferazione della specie granchio blu. E poi anche quello di impedire l’aggravamento dei danni inferti all’economia del settore ittico e promuovere e sostenere la ripresa delle attività economiche esercitate dalle imprese di pesca e di acquacoltura.
L’attenzione degli operatori
A guardare positivamente verso le nuove misure è Coldiretti che Sollecita interventi per sostenere le imprese. «L’intero settore dell’acquacoltura, che rappresenta uno dei fiori all’occhiello della pesca Made in Italy con un valore di produzione di circa mezzo miliardo di euro, è in serio pericolo». Da qui la richiesta, da parte dell’organizzazione di un supporto al mondo produttivo e alle numerose cooperative che operano nel territorio. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Paolo Tiozzo, vice presidente di Confcooperative Fedagripesca. «Grazie al finanziamento da 10 milioni di euro possiamo dare speranza alle nostre cooperative di far ripartire una economia che valeva oltre 200 milioni di euro più l’indotto prima dell’avvento del granchio. Siamo soddisfatti, ma dobbiamo partire subito per rendere davvero operativo il piano di intervento, non possiamo più attendere visto che ad oggi sono già fuoriusciti dal settore almeno 800 operatori».
Fonte: Il Sole 24 Ore