L’universale questione del perdono – Il Sole 24 ORE

L’universale questione del perdono – Il Sole 24 ORE

Anche a distanza di oltre mezzo secolo dalla sua prima pubblicazione, “Il girasole” di Simon Wiesenthal resta una delle opere chiave nella rielaborazione dei traumi delle persecuzioni naziste. La storia sospesa tra resoconto di un fatto realmente accaduto e opera letteraria, vede Wiesenthal prigioniero del lager polacco di Janowska a Leopoli nel 1942. La sua grama vita viene sconvolta da un episodio inaspettato, che contro la sua volontà lo coinvolge in modo repentino: un giovane soldato delle SS in agonia gli chiede di ascoltarlo, confessa un atto efferato che aveva contributo a compiere, e chiede il “perdono dell’ebreo”.

Wiesenthal deve soppesare velocemente se accogliere la richiesta del giovane nazista, ma ritenendo di non avere il diritto di perdonare atti subìti da altri, non gli concederà quanto chiesto: una decisione che occuperà tuttavia la sua mente per tutta la vita e lo indurrà verso la fine degli anni ‘60 a affidare quella storia alle pagine di un libro, e a chiedere al tempo stesso aiuto a personalità di spicco nei campi della religione, della filosofia, della politica e della letteratura, per cercare di districare il groviglio di sentimenti contrastanti, di argomenti pro e contro, e trovare risposte. Wiesenthal e il suo editore inviano così decine di richieste di un commento al racconto, e fanno poi di quelle opinioni la seconda parte della pubblicazione. Vengono interpellati fra l’altro Primo Levi e Golo Mann, Herbert Marcuse, Saul Friedländer, Paolo de Benedetti, Harold Kushner, Stefano Levi della Torre.

Tentando una razionalizzazione delle emozioni suscitate dalla lettura del racconto, quei commenti creano così un costruttivo contrappunto alla narrazione e scandagliano dilemmi che attengono alla coscienza: è doveroso perdonare un carnefice che lo chieda? Per chi ha subito vessazioni e torture, è umanamente possibile?

“Il girasole”

La prima edizione de “Il girasole” nel 1969 è in francese, per i tipi dell’editrice parigina Opera Mundi e dello stesso anno sono le traduzioni in Olanda, Danimarca e Norvegia; l’anno dopo è la volta dell’edizione originale in tedesco, nonché delle versioni inglese, italiana (Garzanti) e svedese.

Da allora “Il girasole” ha visto oltre venti edizioni in sedici lingue e non smette di interrogare il lettore non soltanto sul tema del perdono, ma anche su àmbiti ad esso intrecciati, come la responsabilità, la colpa, la comprensione, la compassione, l’empatia, la riconciliazione, diventando un’esortazione a riflettere che attraversa sia religioni, società civile e mondo politico, sia i quasi ottant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale. Del resto la stessa struttura bipartita della pubblicazione esplicita il desiderio di Wiesenthal di rivolgersi a un vasto pubblico internazionale, in una fase della sua vita in cui con il suo Centro di Documentazione fondato nel 1961 a Vienna era particolarmente attivo nella ricerca di chi si era macchiato di crimini bestiali: “Se fossi spronato dall’odio, avrei già perso la ragione” spiegava a chi lo definiva un ‘cacciatore di nazisti’, sottolineando l’importanza non di una vendetta, bensì del giudizio di tribunali che potessero fare legalmente giustizia.

Fonte: Il Sole 24 Ore