Macron detta i tempi: primo ministro entro 48 ore

Macron detta i tempi: primo ministro entro 48 ore

Quarantotto ore. Emmanuel Macron, maître des horloges, mastro orologiaio fin dai tempi della campagna elettorale del 2017, ha dato ieri i tempi per la nomina del nuovo primo ministro. Nel corso della riunione all’Eliseo tra i partiti che potrebbero garantire un sostegno repubblicano – una partecipazione diretta o un impegno a non votare la censure, la sfiducia – il presidente francese ha voluto scandire il ritmo di una discussione che avrebbe potuto richiedere tempi lunghissimi.

Un’intesa difficile

L’intesa che Macron cerca non è facile. Nel clima di campagna elettorale permanente che si è creata per l’attesa crescente di un nuovo voto a settembre (ma ieri il presidente ha escluso elezioni fino al 2027), avvicinare le posizioni di tutti i partiti con l’eccezione del Rassemblement national (Rn) e della France Insoumise (Lfi) è uno sforzo notevole. Anche se l’orizzonte temporale sembra breve. I partiti, ha spiegato Laurent Wauquiez, capofila all’Assemblée dei Républicains, «sembrano ridotti a chiedersi se il governo non cadrà entro sei mesi», ha detto lasciando la riunione con un orientamento però costruttivo: i neogollisti non voteranno una censure, a condizione che il governo non contenga ministri Lfi e il programma non ricalchi quello del Nouveau front populaire (Nfp), l’alleanza della sinistra.

Verso un accordo di non-censure

L’accordo di non-censure sembra essere la piattaforma, l’unica possibile, su cui costruire un’intesa. Anche socialisti ed ecologisti sembrano disponibili. «Le cose sono andate piuttosto avanti», ha detto il primo segretario del Parti socialiste (Ps) Olivier Faure che ha proposto di non votare la sfiducia purché il prossimo governo rinunci a ricorrere all’articolo 49.3 della Costituzione, che permette di varare una legge senza voto (sotto certe condizioni). Faure ha parlato di una convergenza tra i partiti di sinistra che hanno partecipato al meeting (socialisti, ecologisti, comunisti), il Modem di François Bayrou e Horizons di Edouard Phillippe. Il nome del primo ministro, evidentemente, non è irrilevante: Faure, insieme a Boris Vallaud, capofila socialista all’assemblea, ha chiesto un capo del governo di sinistra e «aperto ai compromessi». Sono indicazioni, queste, confermate anche da Marine Tondelier, segretaria generale degli ecologisti, secondo la quale Macron si è anche impegnato «a non mettersi più nelle mani del Rassemblement national per governare». Secondo l’Eliseo, il presidente ha constatato «l’unanimità delle forze politiche a non dipendere più» da Rn.

La sconfitta di Le Pen

Marine Le Pen ha quindi visto trasformare in una sconfitta la trappola che ha teso al governo Barnier, facendolo cadere. Ieri il presidente di Rn, Jordan Bardella ha protestato per l’esclusione della destra radicale dalle trattative (che però riguardavano la formazione di un governo al quale il partito non avrebbe mai voluto partecipare), ma Marine Le Pen ha detto di «essere contenta»: per il suo entourage è una «medaglia dell’opposizione». Le Pen ha messo in difficoltà anche gli stessi républicains, che sembravano avviati a una lenta convergenza verso Rn. Ieri l’eurodeputato (e capolista alle elezioni) François-Xavier Bellamy ha protestato per l’esclusione di alcune forze politiche «compreso Rn» (in realtà solo Lfi e Rn), che è «una forza politica importante». Segno, probabilmente, del fatto che i gollisti avvertono con qualche disagio il peso limitato che sono destinati a svolgere nel prossimo esecutivo (mentre nel precedente erano decisamente sotto i riflettori).

Tensioni a sinistra

Non mancano tensioni anche a sinistra. Ostinata – e condannata – a mantenere un ruolo di “dura e pura”, La France Insoumise ha invitato gli alleati, attraverso il coordinatore Manuel Bompard, a «non cedere alle sirene e alla tentazione del governo nazionale e della grande coalizione, perché questo porterebbe a rinnegare gli impegni programmatici che hanno preso l’anno scorso verso le elettrici e gli elettori». Il segretario generale del Ps, Pierre Jouvet, ha risposto accusando Lfi di voler rompere l’alleanza (è l’unico partito rimasto, per scelta, fuori dalle consultazioni di Macron fin dal primo momento). Allo stesso tempo, l’imbarazzo della sinistra costretta a ridimensionare l’antimacronismo su cui ha fondato la sua campagna, emerge dalla richiesta di socialisti ed ecologisti al presidente di «farsi da parte» dopo la nomina del nuovo governo.

Fonte: Il Sole 24 Ore