Made in Italy, l’export resiste nonostante gli scenari di guerra

Made in Italy, l’export resiste nonostante gli scenari di guerra

L’Italia delle filiere è pronta a competere con i grandi colossi dell’industria globale. Perché è vero che l’economia del nostro Paese si fonda soprattutto sulle medie, piccole e piccolissime imprese, ma è altrettanto vero che i settori più competitivi del made in Italy sono quelli in cui le aziende si mettono a sistema, dando vita a eccellenze produttive che fanno dell’Italia uno dei principali esportatori mondiali, con 625 miliardi di euro di export raggiunti nel 2023, il 30% in più di quanto realizzato nel 2019.

Cresce l’avanzo commerciale

Nonostante tutto quello che è accaduto in questi anni (pandemia, guerre, choc energetici e rottura delle catene di fornitura), le imprese italiane hanno dimostrato una capacità di reazione che ha permesso al Paese, fanalino di coda nella crescita Ue prima del Covid, di tenere meglio degli altri big europei nel difficile contesto economico attuale, grazie soprattutto al contributo delle esportazioni. «Nonostante i venti di guerra, quest’anno ci sono i presupposti per raggiungere i 100 miliardi di avanzo positivo della bilancia commerciale – ha detto il direttore del Sole 24 Ore, Fabio Tamburini, aprendo i lavori del Quinto Made in Italy Summit del Sole 24 Ore, Financial Times e Sky tg24 -. Un risultato non scontato, se si pensa che solo 15 anni fa il saldo era negativo. E c’è ancora un enorme potenziale da sviluppare, trasversale a tutti i settori».

Un potenziale che necessita, per essere alimentato, di forti investimenti in innovazione e di questo si è parlato nella prima giornata di lavori del Summit, a cui hanno partecipato in collegamento 9.400 persone.

All’avvio della giornata, Roula Khalaf, direttrice del Financial Times, ha ricordato che quella attuale è una fase «decisiva per il made in Italy, nel contesto di un dibattito europeo che, grazie al documento sulla competitività della Ue presentato da Mario Draghi, ha raggiunto un livello di visione maggiore. L’Italia è nella posizione ideale per partecipare a questo dibattito». Per Giuseppe De Bellis, direttore di Sky TG24, è fondamentale «unire il digitale alla manifattura. E in quetso contesto credo ci siano interessanti opportunità anche per i giovani, che forse oggi hanno meno possibilità, rispetto alla mia generazione, di diventare grandi manager, ma hanno più opportunità di diventare grandi imprenditori, se hanno un’idea giusta».

Investire per riguadagnare quote di mercato

Il contesto di riferimento è stato delineato da Roberto Giovannini, partner KPMG: «Il valore del made in Italy è cresciuto a partire dagli anni 50 fino al 2008, quando ha raggiunto il picco di 2.400 miliardi di euro, poi l’Italia ha perso quote di mercato, come Europa e Usa, a favore di competitor come la Cina». Per riguadagnare posizioni a livello globale, secondo Giovannini, bisognerebbe «smettere di parlare di resilienza e resistenza e parlare invece di visione e ambizione». Andare oltre il Pnrr, dunque e, sul modello di quanto fanno Paesi come l’India, la Cina o i Paesi del Golfo, reinventarsi e progettare piani industriali di lungo termine, definendo le sfide, scegliendo e quantificando gli obiettivi e le priorità, quindi su quali settori puntare e investire le poche risorse a disposizione.

Fonte: Il Sole 24 Ore