Manovra, ai ministri solo i rimborsi viaggio. Più dura la norma anti-Renzi
La lunga notte degli emendamenti in commissione Bilancio alla Camera sgonfia le buste paga di ministri e sottosegretari non parlamentari e rinforza la diga della norma “anti-Renzi”, quella che impedirà a parlamentari e presidenti di Regione di ricevere incarichi pagati fuori dalla Ue; e che nella sua ultima versione evita anche di mietere vittime collaterali fra i parlamentari eletti all’estero.
Lo stop di Crosetto
La novità arriva al termine di una lunga mediazione dopo che sul tentativo del Governo, attraverso i relatori alla legge di bilancio, di allineare le buste paga di tutti i componenti del Governo a quelle dei parlamentari era piombata lunedì sera la tegola lanciata dal ministro della Difesa Guido Crosetto. I trattamenti economici disallineati «non hanno particolare senso», ha detto Crosetto, ma «è assurdo lasciare anche solo un secondo di più di spazio alle polemiche, per cui chiediamo di ritirare l’emendamento». L’emendamento, però, non si poteva ritirare davvero, a meno di non far saltare anche la norma contro gli incarichi extraUe fortemente voluta dall’Esecutivo: di qui la riformulazione.
Spese di viaggio casa-ufficio
In base al testo finale ministri e sottosegretari non parlamentari non avranno il trattamento economico di chi siede alla Camera o al Senato, come previsto dalla versione originale del correttivo, ma se residenti fuori Roma otterranno il «diritto al rimborso delle spese di trasferta per l’espletamento delle proprie funzioni». Nemmeno questa formula appare felicissima, perché le spese di trasferta che si sostengono quando un componente del Governo si sposta dalla Capitale per partecipare a questa o quella iniziativa sono già rimborsate. Il riferimento ai «non residenti a Roma» suggerisce quindi che il nuovo indennizzo non riguardi le spese di «trasferta», ma quelle di «trasferimento» da casa propria alla Capitale. Distinzioni importanti, che però nel caos notturno possono sfumare. In ogni caso, nel suo assetto finale il correttivo dimagrisce parecchio anche in termini di costi annui, ridotti a 500mila euro dagli 1,3 milioni iniziali.
Argine più alto contro i compensi stranieri
Evolve, si diceva, anche il divieto di incarichi retribuiti fuori dalla Ue, pensato con ogni evidenza per tagliare le ali alle attività internazionali dell’ex premier Matteo Renzi. La nuova regola, prima di tutto, non si applica ai parlamentari eletti all’estero, che quindi potranno continuare a svolgere le proprie attività professionali nei loro Paesi di provenienza. E vieta di accettare durante il mandato «contributi, prestazioni, controprestazioni o altre utilità erogati, direttamente o indirettamente, da soggetti pubblici o privati non aventi sede legale e operativa nell’Unione europea o nei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo». Il divieto, che può cadere in caso di autorizzazione preventiva della Camera di appartenenza possibile quando il compenso non supera i 100mila euro, si attiva anche quando il compenso viene erogato «mediante interposizione di persona, società o enti». Affidare l’incarico a una società italiana che poi gira il compenso al diretto interessato, insomma, non permette di dribblare il blocco. Resta la domanda sulle ragioni che, per questa via, portano a vietare un incarico a Londra ma non a Parigi o a Budapest. Ma non sempre si può pretendere di ottenere subito tutte le risposte.
Fonte: Il Sole 24 Ore