Manovra, sciopero generale di Cgil e Uil il 29 novembre (senza la Cisl)

Manovra, sciopero generale di Cgil e Uil il 29 novembre (senza la Cisl)

Una manovra «inadeguata»: Cgil e Uil scendono in piazza, di nuovo senza la Cisl, e contro le scelte messe in campo dal governo Meloni. E per chiedere di cambiare la legge di Bilancio tornano a proclamare insieme lo sciopero generale: la data è quella di venerdì 29 novembre. Una decisione che incide con un’ulteriore frattura sul fronte sindacale, cristallizzando posizioni assai diverse, e che riaccende lo scontro con la maggioranza.

Otto ore di stop

«Direi che c’è un piccolissimo pregiudizio», ironizza la premier Giorgia Meloni, che intervistata da Bruno Vespa indica i temi in manovra che ai sindacati dovrebbero piacere e sottolinea che la protesta arriva prima della convocazione prevista per martedì a Palazzo Chigi. La Lega, poi, non usa mezzi termini e respinge ai mittenti le ragioni della protesta: «Sindacati ridicoli, scioperano contro l’aumento dei redditi». La mobilitazione potrebbe, al contrario, trovare la sponda dell’opposizione, come già successo più volte, anche nelle ultime piazze. Otto ore di stop e manifestazioni territoriali accompagneranno lo sciopero generale mentre la politica inizia ad immaginare le modifiche alla legge di Bilancio che, per ora, sembrano riguardare le criptovalute e l’introduzione dei rappresentanti della Ragioneria nelle società che ottengono aiuti pubblici. Arriveranno con gli emendamenti entro l’11 novembre con l’obiettivo di chiudere la manovra prima di Natale.

Una sfilza di critiche

Ma i temi delle modifiche sembrano davvero distanti da quelli dello sciopero generale, il quarto consecutivo di Cgil e Uil contro la manovra: lo avevano fatto a dicembre 2021 quando c’era il governo Draghi, e poi a dicembre 2022 e a novembre 2023 con il governo Meloni. Ora di nuovo a fine novembre. La piattaforma è una sfilza di critiche su fisco, salari e pensioni, sanità, sicurezza sul lavoro. Si chiede di cambiare la manovra che non risolve i problemi del Paese, anzi lo «porta a sbattere». Si dice no ai tagli e si rivendica l’aumento del potere d’acquisto, il finanziamento di sanità, istruzione, servizi pubblici e politiche industriali. Bisogna prendere «i soldi dove sono»: extraprofitti, rendite e grandi ricchezze, evasione. Non è sufficiente inoltre la conferma del taglio del cuneo fiscale.

Partono le audizioni alla Camera

«Due sindacati di estrema sinistra scioperano contro l’aumento dello stipendio per 14 milioni di dipendenti fino a 40mila euro di reddito?», è la replica della Lega. Risponde anche la premier che parla di riduzione del precariato, aumento dei salari, taglio del cuneo e soldi sui redditi più bassi, aumento dell’occupazione femminile e di 3,6 miliardi presi dalle banche. E potrebbe non bastare la convocazione a Palazzo Chigi per martedì 5 novembre. Da lunedì 4 partono le audizioni alla Camera, che si chiudono il 7 con il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Una convocazione considerata tardiva e che rischia di essere solo «una informativa», attaccano ancora Landini e Bombardieri che vedono pochissimi margini di cambiamento e ovviamente – dice il leader Uil – si è pronti a rivedere la decisione dello sciopero se il governo dovesse accettare le proposte. All’opposto il giudizio della Cisl, che con il leader Luigi Sbarra rimarca i punti positivi: gran parte dei 30 miliardi della manovra è concentrata su «interventi coerenti con le nostre richieste».

Scintille fra i leader

Non mancano le scintille con Landini. A farle partire le parole del leader della Cgil: «Se altre organizzazioni pensano che il compito sia dire sempre al governo “come sei bravo e bello”, io invece penso che bisogna tutelare gli interessi dei lavoratori». Parole che “offendono” la Cisl, replica Sbarra, consigliandogli «di rivestire i panni del sindacalista e di smetterla di fare da traino ad un’opposizione politica che non ha bisogno di collateralismi».

Fonte: Il Sole 24 Ore