Manovra, verso il sì al piano per l’Europa. Tutte le speranze appese alla revisione del Pil

Da un lato la procedura d’infrazione per disavanzo eccessivo, aperta da Bruxelles sulla base del deficit del 2023, pari al 7,4% del Pil. Dall’altro i vincoli numerici e gli impegni programmatici imposti dal nuovo Patto di stabilità. Quel che si va preparando per i conti pubblici è un percorso inedito, non ancora del tutto definito in tutti i dettagli. Lo attesta anche la decisione del Governo, comunicata alla Commissione europea, di presentare il Piano strutturale di bilancio (approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri) non più alla scadenza (peraltro non perentoria) del 20 settembre ma dopo il dibattito parlamentare e comunque dopo aver acquisito l’aggiornamento dei dati Istat il prossimo 23 settembre. Da cui sono attese nuove stime al rialzo per il Pil del 2021 con effetti a cascata sui conti pubblici che potrebbero aprire nuovi margini a beneficio della prossima legge di Bilancio. Ma al di là degli aspetti procedurali, quel che conta sono gli effetti sul versante dei conti pubblici (con riferimento al nuovo parametro della spesa primaria netta) del combinarsi della procedura di infrazione con il percorso di rientro dal deficit fissato dalla nuova governance europea.

La procedura di infrazione

La procedura di infrazione per disavanzo eccessivo prevede che il percorso correttivo della spesa primaria netta dovrà assicurare una riduzione minima annua del saldo complessivo strutturale di 0,6 punti percentuali di Pil. Solo per il triennio 2025-2027 la correzione richiesta non terrà conto dei maggiori costi legati all’incremento della spesa per interessi. Quindi, in tali anni la correzione minima richiesta sarà applicata sul saldo primario strutturale. Un impegno non da poco che vale attorno ai 13 miliardi l’anno. A novembre sarà la nuova Commissione a fissare attraverso le nuove “raccomandazioni” il percorso di rientro, tenendo conto dei contenuti del Documento programmatico di Bilancio e della legge di Bilancio nel frattempo all’esame del Parlamento. Quanto al nuovo Patto di stabilità, in linea con la “traiettoria tecnica” inviata da Bruxelles lo scorso 21 giugno, e con il Piano strutturale di bilancio che ne è la diretta emanazione, il debito pubblico deve essere collocato su un percorso di riduzione “plausibile” nel medio termine.

Il disavanzo

Il disavanzo deve tendere a ridursi al di sotto del 3% del pil sempre nel medio termine. Il disavanzo strutturale dovrà tendere a un valore non superiore all’1,5% del Pil attraverso miglioramenti del saldo primario strutturale di almeno 0,4 punti percentuali all’anno per un piano di aggiustamento di quattro anni e di 0,25 punti in caso di orizzonti più lunghi. E’ il caso dell’Italia che prevede un orizzonte temporale di sette anni. Come si può desumere, i margini a disposizione per finanziare nuove spese o procedere a corpose riduzioni del carico fiscale, in mancanza di un potenziamento della spending review e di introiti certi e contabilizzati della lotta all’evasione o di nuove entrate strutturali, appaiono alquanto esigui. Occorrerà riferirsi alla spesa totale delle amministrazioni pubbliche al netto delle misure discrezionali in materia di entrata, della spesa per interessi, della componente ciclica della spesa per disoccupazione, della spesa per programmi interamente finanziati da fondi europei, della spesa nazionale per il co-finanziamento di programmi europei e di misure di bilancio “one off” e temporanee. La sfida è sulla crescita e da questo punto di vista, superando anche l’orizzonte temporale del Pnrr, la partita decisiva la si giocherà con il piano di riforme e investimenti da indicare nel Piano, condizione indispensabile per ottenere l’allungamento da quattro a sette anni del suo periodo di vigenza. Per la manovra servono coperture certe. La strada del nuovo deficit percorsa con la legge di Bilancio del 2024, pari a 15,7 miliardi, è preclusa.

Fonte: Il Sole 24 Ore