Maratona dles Dolomites, tradizione ed innovazione per la regina dei passi alpini

Maratona bagnata, Maratona comunque sempre bella e fortunata. Sembra quasi uno scherzo del destino, ma nell’anno in cui il tema scelto era quello della Mutatio e, quindi, anche dei cambiamenti climatici, gli 8.050 partenti non si sono fatti spaventare da pioggia e freddo, che avevano risparmiato i partecipanti da almeno sette edizioni a questa parte. Comunque, nemmeno a farlo apposta, il tema del 2025 appena annunciato sembra del tutto beneagurante: Lüm, cioè “luce” in ladino, ammica a un ritorno alla ‘tradizione’ di ritrovarsi a La Villa in Badia fra un anno con il sole a baciare i ciclisti per tutto il giorno.

Indipendentemente dal meteo, anche quest’anno la Maratona ha saputo coccolare i suoi ospiti con gli eventi collaterali e, durante la pedalata, anche i nuovi arrivati hanno verificato la proverbiale ‘bellezza di andare piano’ per la maggior parte del gruppo. Da tanti anni, infatti continuano a convivere senza conflitto l’anima agonistica, che la rende un appuntamento ambito fra chi ha corso da professionista e ha superato i limiti di età o è stato escluso, con quella più ‘tranquilla’ di chi vuole mettere alla prova il proprio allenamento e provare almeno una volta all’anno una sfida cronometrata con sé stessi o con gli amici in piena sicurezza. Ma è in aumento la quota di chi, pur amando la fatica e il piacere di ‘guadagnare’ un passo alpino con la propria bici, condividendo l’esperienza davvero senza fretta, per godere del paesaggio e, come accade a tanti, stringendo nuove amicizie. Tanti eventi e aspettative nello stesso evento, con l’occhio al cronometro in gran parte solo dedicato ai ‘cancelli’ che impediscono di proseguire per i percorsi più lunghi solo in caso di forte ritardo, per la reciproca tutela di organizzatori e partecipanti, ai quali si vorrebbe evitare di ritrovarsi in mezzo al traffico riaperto al di fuori del tempo massimo previsto nei vari tratti. Ciononostante, questo evento regala sempre sorprese, evidenziando la passione e l’energia delle persone in modo inaspettato: basti pensare che il partecipante più anziano di quest’anno, Domenico Richici di Reggio Calabria, 85 anni compiuti, ha completato il percorso ‘classico’ di 55 chilometri in 4 ore, 45 minuti e 32 secondi, al centoottantesimo posto nella fascia di età più alta (over 65) su 206 finisher, battendo anche di 40 minuti dei partecipanti anche un paio di decine di anni più giovani di lui. Mentre non tutti avevano la bici nuova fiammante: è il caso di Paolo Rinaldi, un toscano trapiantato a Concorrezzo, ha partecipato con una bici così classica da avere quasi il doppio dei suoi anni (la costruzione risale al 1920), ma nonostante ciò ha completato il Sellaronda in 4 ore e 20 minuti, lasciandone dietro un centinaio. E per i distacchi più ampi fra il primo e il secondo, non a caso sono fra le categorie più mature: quella dove con l’esperienza la maggior parte decidono di rischiare di meno. Ma dove è altrettanto vero che l’esperienza insegna anche a gestirsi bene, e così tanti ‘maturi’ sono capaci di far meglio dei giovani perché sanno gestirsi e divertirsi come dei ragazzini.

Nelle donne over 60, il gap maggiore era sul medio, con Olga Cappiello che ha preceduto la seconda classificata di categoria di un’ora e trentaseiminuti. Gap altrettanto notevole per il veterano Rocco Cattaneo, che ha primeggiato fra gli uomini over 65 con 55 minuti e 37 secondi di margine sul suo primo inseguitore. E i giovani? Molti arrivano con tutta calma, perché molti hanno speso tempo a fotografarsi con gli amici nei tanti hotspot in mezzo alla natura e al cospetto delle famose cime: segno dei tempi che cambiano perché, di solito, avventure del genere, va sempre più di moda raccontarle (quasi) metro per metro.

Sempre in evoluzione ma altrettanto legata alla tradizione

La mutazione più importante subita dalla Maratona è quella di essere diventata sempre più un evento globale e un appuntamento fisso da più di trent’anni. Un ritrovo prima solo per pochi ‘eroici’ capaci di imprese a pedali nell’ordine dei 200 chilometri, poi per amatori sempre più scaglionati in base all’allenamento e distribuiti a livello internazionale. I confronti si sprecano: da un lato è la passerella forse delle bici più belle e costose del mondo. Dall’altro è la festa di tanti amatori che, indipendentemente dalla dotazione tecnica, vengono da ogni angolo del globo per pedalare nella pace sonora di una giornata senz’auto di fronte alle Dolomiti Unesco, per la chiusura al traffico più lunga mai vista in montagna. La partecipazione da tanti anni ormai dà equamente spazio a italiani (102 su 107 province rappresentate) e a stranieri (79 nazioni rappresentate di cui 39 extraeuropee): più generosa con l’estero, insomma, anche della New York Marathon podistica che predilige i connazionali per oltre il 60% degli iscritti. In questa evoluzione, però, il format non si tocca: tre percorsi e cronometraggio completo sono un must. Visto che, grazie all’aiuto di ben 1.500 volontari ladini, un record assoluto anche in proporzione alla popolazione, si riescono a lasciare le strade libere dal traffico veicolare in piena sicurezza e senza ostilità dagli abitanti e dalle autorità locali.

Buona pratica di collaborazione nella chiusura delle strade

A poche settimane e pochi chilometri da dove in un simile evento, in Veneto, si è quasi rischiato il morto per un’automobilista che ha infranto un posto di blocco durante una competizione ciclistica amatoriale, è doveroso ribadire il buon esempio e l’invidia che crea la Maratona negli altri territori. La trentasettesima Maratona dles Dolomites – Enel ha concluso la sua edizione numero 37 impegnando e chiudendo al traffico veicolare sette passi alpini per tutto il giorno con la piena collaborazione di tre province (Bolzano, Trento e Belluno), la gioia di 1.500 volontari e una partecipazione di oltre 8.000 iscritti a fronte di 31.000 richieste. Un successo intoccabile, resiliente alla grave crisi che sta affrontando il settore degli eventi della bici da strada, in primis proprio per colpa della difficoltà di ottenere i permessi per chiudere le strade durante competizioni o eventi ‘car free’, a causa spesso del singolo comune o prefettura anche in percorsi che, con centinaia di chilometri, interessano diversi territori. Ma se la volontà politica purtroppo infatti è influenzata dagli incaricati di turno, gli eventi come questi che promuovono il territorio in ambito di montagna (fra gli altri più importanti e partecipati, si ‘chiudono’ anche alcune strade nel Parco Nazionale dello Stelvio, sul Montegrappa e sul Gran Sasso) non sempre ricevono la stessa adesione dalle autorità, dalla popolazione e dall’economia dei territori. Ma eventi come questo devono servire a dimostrare e ispirare perché è chiaro che, se ben organizzati e percepiti, il ‘sacrificio’ di un giorno nel rinunciare ai veicoli a motore porta non solo una bella esperienza nei partecipanti, ma aiuta anche a veicolare l’immagine di località attente all’ambiente e alla sostenibilità tramite azioni concrete, almeno per (qualche) giorno all’anno.

Fonte: Il Sole 24 Ore