Martin Cooper: «Siamo solo all’inizio della rivoluzione degli smartphone»

Martin Cooper è il padre del telefono cellulare. Era il 3 aprile 1973 che l’allora Direttore della Sezione Ricerca e Sviluppo di Motorola utilizzò un prototipo di quello che, un decennio dopo, sarebbe divenuto il primo cellulare ufficialmente prodotto e commercializzato da Motorola. E davanti a giornalisti e no solo, da New York telefonò a Joel S. Engel, l’allora “rivale” e capo della Ricerca presso AT&T Bell Labs. “Noi di Motorola ce l’abbiamo fatta. E voi?”

Cooper, 96 anni, è in questi giorni a Bologna, nell’ambito delle iniziative promosse dal Comitato Nazionale per il 150esimo anniversario della nascita di Guglielmo Marconi. Nel capoluogo emiliani viene consegnato il Premio Marconi: riconoscimento dedicato alle “menti” nel settore telecomunicazioni che quest’anno va alla professoressa Emerita Teresa H. Meng. Per Cooper, che ha parlato a margine con Il Sole 24 Ore non ci sono dubbi: siamo solo agli inizi di un game changer.

Se lei dovesse fare una previsione sul futuro degli smartphone, sul loro impatto, cosa direbbe?
Credo fermamente che lo smartphone abbia un potenziale ancora da scoprire. Siamo all’inizio di una rivoluzione che, combinata con l’intelligenza artificiale, potrà aiutarci a risolvere problemi cruciali. Uno tra tutti? La povertà. Non esiste giustificazione, oggi, per cui qualcuno debba vivere in condizioni di miseria. La produttività del mondo, che può aumentare grazie agli smartphone, è sufficiente a nutrire e garantire una vita dignitosa a tutti. La comunicazione via smartphone può giocare un ruolo chiave nel rendere più efficace la nostra organizzazione. Ma c’è anche un secondo ambito da tenere presente

A cosa si riferisce?
Mi riferisco alla salute. Un giorno, potremo comprendere tutte le malattie e, forse, eliminare molte di esse. Come? Collegando le persone ai medici o a computer che possano analizzare in modo personalizzato i dati di ciascuno, rilevando le anomalie nel corpo umano e segnalando possibili soluzioni. Certo, potrebbe richiedere una generazione o più, ma l’obiettivo è eliminare le malattie. Poi c’è l’istruzione: il mondo è migliorato, ma abbiamo ancora conflitti e incomprensioni tra popoli. Connettere tutti e mettere l’intelligenza nei telefoni potrebbe contribuire a una comunicazione più efficace e alla riduzione dei conflitti.

Essendo agli inizi dello sviluppo dell’intelligenza artificiale siamo in una fase di analisi, in cui non mancano voci di chi teme che la combinazione di smartphone e intelligenza artificiale possa portare più problemi che opportunità.Sa, ogni tecnologia ha portato con sé dei problemi. Non esiste tecnologia che non abbia fornito ai criminali strumenti per fare del male. Dobbiamo imparare a gestire questi problemi. Certo, l’intelligenza artificiale comporta sfide serie, ma ci sono persone che lavorano sodo per garantirne un uso etico. Pensiamo agli inizi della televisione: si temeva avrebbe distrutto la mente dei nostri figli. Eppure, abbiamo trovato il modo di utilizzarla per educare e intrattenere. Quando i benefici superano i rischi, bisogna imparare a convivere con i problemi e risolverli.

Fonte: Il Sole 24 Ore