Materie prime, ok al Fondo da 1 miliardo per aprire nuove miniere

Materie prime, ok al Fondo da 1 miliardo per aprire nuove miniere

Il confronto, molto più lungo del previsto, si è ufficialmente chiuso e il ministero dell’Economia ha sbloccato il decreto attuativo del Fondo nazionale per il made in Italy. Alla bozza del provvedimento aveva lavorato il ministero delle Imprese e del made in Italy già da diversi mesi ma sono state necessarie alcune correzioni di tipo tecnico sui profili di impatto per i conti pubblici.

Oltre un anno di attesa

Il Fondo (impropriamente presentato all’epoca come “Fondo sovrano” italiano) è previsto dalla legge per il made in Italy approvata dal Parlamento oltre un anno fa, alla fine del 2023. Con una dotazione di risorse pubbliche di 1 miliardo in due anni, dovrà favorire in primo luogo investimenti nel settore delle materie prime critiche. Nel predisporre lo strumento, il ministero guidato da Adolfo Urso ha stimato che un’iniezione almeno pari a un ulteriore miliardo di euro potrà arrivare dal contributo di altri fondi (anche di altri Stati) e dei privati.

I settori di intervento

Il testo spiega che sono ammissibili agli interventi le imprese costituite in forma di società di capitali, anche quotate, comprese le cooperative, che hanno sede legale in Italia e che non operano nel settore bancario, finanziario o assicurativo. Due le aree di investimento prioritarie. La prima comprende l’estrazione, lavorazione, trasformazione, approvvigionamento, riciclo, riuso e distribuzione delle materie prime critiche. In sintesi, progetti per riattivare vecchie miniere, aprirne di nuove o creare almeno una filiera di lavorazione delle materie prime importate. Al secondo punto, viene previsto che il Fondo possa entrare in azione anche su altre filiere ritenute strategiche per intensità tecnologica e competitività.

Le società di gestione

Da un punto di vista operativo, sono indicati due rami di intervento – Fondo di real asset e Fondo imprese – che saranno affidati a due distinte società di gestione. Manca ancora l’ufficialità, ma le Sgr in campo saranno con ogni probabilità, rispettivamente, Invimit, società partecipata interamente dal ministero dell’Economia, e Fondo italiano di investimento, società controllata al 55% da Cdp Equity (Cassa depositi e prestiti). Entrambi i veicoli potranno entrare nelle aziende target con partecipazioni di minoranza qualificata o di maggioranza, anche in controllo congiunto con altri investitori. Il Fondo di real asset, direttamente o tramite sottoscrizione di fondi immobiliari, sarà chiamato a gestire e valorizzare le miniere italiane a favore di investimenti privati, anche esteri, a condizioni di mercato. Il Fondo Imprese, invece, potrà partecipare (anche attraverso altri fondi) a condizioni di mercato per un importo massimo fino al 50% dell’investimento di private equity complessivo nelle aziende target.

La partenza vera e proprio del Fondo made in Italy è comunque vincolata ad altri passaggi. Ci sarà l’esame del decreto da parte della Corte dei conti prima della pubblicazione. Poi ognuno dei due soggetti gestori dovrà predisporre uno schema di regolamento da trasmettere al ministero dell’Economia e al ministero delle Imprese.

Fonte: Il Sole 24 Ore