Meloni ai sindacati: interverremo ancora su Irpef. Pensioni minime rivalutate oltre inflazione
Pensioni minime rivalutate oltre livello inflazione. «Anche nel 2025 e nel 2026, come nei due anni precedenti, le pensioni minime saranno rivalutate oltre il livello di inflazione indicato dall’Istat», ha detto la premier Giorgia Meloni nel suo intervento introduttivo in occasione dell’incontro a Palazzo Chigi con le sigle sindacali. «Le norme riguardanti le uscite anticipate dal lavoro – ha quindi aggiunto – restano pressoché immutate».
«Nostra intenzione intervenite su Irpef»
«In materia di imposte viene reso strutturale il passaggio da quattro a tre aliquote Irpef, con l’accorpamento dei primi due scaglioni di reddito. È chiaramente intenzione del governo intervenire anche sullo scaglione di reddito successivo, ma questo dipenderà ovviamente dalle risorse che avremo a disposizione e che arriveranno anche alla chiusura del concordato preventivo». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni durante l’incontro con i sindacati.
Priorità, dalla riduzione della pressione fiscale al sostegno alla famiglia
«Anche stavolta abbiamo deciso di concentrare le risorse su alcune priorità: il sostegno ai redditi medio-bassi, il sostegno al lavoro, gli incentivi alle famiglie con figli, la riduzione della pressione fiscale, l’aumento delle risorse nella sanità e il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici. Abbiamo deciso di confermare e potenziare le principali misure introdotte negli anni precedenti, in particolare relative al mondo del lavoro e al sostegno alla famiglia, rendendone alcune strutturali, come peraltro veniva richiesto soprattutto dalle organizzazioni sindacali», ha spiegato Meloni.
Taglio del cuneo strutturale
«Mi riferisco, in particolare, al taglio del cuneo fiscale. Ricordo che, quando siamo arrivati al governo due anni fam – ha detto la permier – molti sostenevano che non saremmo stati in grado di confermare il taglio del cuneo contributivo in scadenza al 31 dicembre 2022. Invece, non solo lo abbiamo confermato, ma a metà 2023 lo abbiamo fortemente potenziato, confermandolo poi con la legge di bilancio 2024. Ora, con la nuova manovra, lo rendiamo strutturale e ne ampliamo i benefici ai circa 1,3 milioni di lavoratori con redditi tra 35 a 40mila euro annui, seppure con un decalage, anche qui rispondendo a una tematica che era stata correttamente posta dai sindacati sulla evidente discriminazione dei lavoratori che guadagnavano pochi euro in più di altri ma, a differenza di quegli altri, non beneficiavano del taglio del cuneo. Come sapete, inoltre, non si interviene più sull’aspetto contributivo, ma su quello fiscale, e questo ci consente anche di ottenere un altro vantaggio, ovvero evitare il rischio che parte del taglio potesse causare un incremento della pressione fiscale».
Fonte: Il Sole 24 Ore