Memorabili rovesciate, parate e colpi di tacco

Memorabili rovesciate, parate e colpi di tacco

«Giocati da Dio» è semplicemente scritto da Dio. Da tempo non avevo fra le mani un libro di sport scritto così bene, pieno di angoli e angolature abbaglianti. Roberto Beccantini, una vita fra «Tuttosport», «Gazzetta dello Sport» e «La Stampa», è il nostro Osvaldo Soriano. Racconta mezzo secolo di foot-ball attraverso i gesti che ne fanno l’unicità. E quella malìa per cui, nonostante tutto, aspettiamo il fischio d’inizio e torniamo bambini.

Beccantini sceglie tredici gesti (dribbling, tiro, stop, assist, lancio, colpo di tacco, calcio di punizione, cross, colpo di testa, rovesciata, corsa, contrasto e parata) e ognuno diventa un racconto fra storia e tecnica, dieci quadri immortali di quel gesto tecnico e il calciatore che meglio l’ha interpretato. Sembra così euclideo nella costruzione, eppure tutto vola altissimo più in alto di Carlo Parola, quando codificò per sempre la rovesciata. E questo è possibile perché, degli oltre 130 gesti del calcio descritti, Beccantini, nove Mondiali, otto europei e una trentina di finali di Coppa dei Campioni-Champions in tribuna stampa, ne ha visti dal vivo circa 120 (per verifica basta leggere il cross di John Robertson in Nottingham Forest-Malmö del 1979). E si sente in questo libro bailado. Nella scrittura c’è l’adrenalina dell’urgenza, quella che scioglie le briglia della ragione e lascia spazio all’istinto, all’attimo che si fa storia: «Ricordare è, anche, dimenticare. E, di sicuro, qualcuno e qualcosa (di grandi, di grande) mi è scappato. Non ho stilato classifiche: ho raccolto mementi, episodi, storie nascoste dietro una rovesciata, un dribbling, uno stop. Il calcio dei calciatori». E di chi li ama.

Più che gesti sono haiku dell’arte del pallone, arricchiti da dribbling di parole, sagge e rotonde. Nelle doppie pagine in cui lo scrittore ricorda le dieci parate o i dieci colpi di tacco memorabili, ogni gesto, in sei righe, ha una sua perfezione stilistica e chirurgica: «Il dribbling di George Best è stato un manifesto del Sessantotto; lo stop di Andrés Iniesta era una vetrina di Natale; l’assist di Gianni Rivera era un safari nella letteratura; la corsa di Mbappé è un flipper che si accende e suona; la punizione di Zico era un pugnale camuffato da carezza». E proprio il capitolo sulle punizioni contiene anche il ritratto del calciatore più forte per Beccantini, innamorato sì di Omar Sívori, Michel Platini e Roberto Baggio, ma Maradona «per me è stato il più grande, più grande addirittura di Pelé. … Quando entrava in campo si lasciava dietro una vita, quella alla quale non sapeva resistere, ed entrava nell’altra, quella che non gli sapeva resistere».

Adesso, siamo nell’epoca del «neocalcistese», come scrive Beccantini, non ci sono più i “liberi” di una volta e «i palloni restano vivi», ma i gesti diventano testi, l’epoca si tramuta in epica e così questo è un libro solitarioy final. Provate a trovarne un altro così.

Fonte: Il Sole 24 Ore