Mercati esteri, la sostenibilità fattore decisivo

Dalla moda all’aerospazi, dall’agroalimentare alla farmaceutica, passando per la nautica e tantissimi altri settori manifatturieri, il made in Italy ha acquisito negli anni un valore e una riconoscibilità sui mercati internazionali che pochi Paesi al mondo possono vantare. Con 625 miliardi di euro di valore delle vendite all’estero, il nostro Paese è del resto uno dei principali esportatori globali, nonché il più copiato, come dimostrano le stime più recenti sull’incidenza del cosiddetto «Italian Sounding», che ha superato i 100 miliardi di euro e sottrae quote di mercato alle imprese italiane.

Investire in innovazione e sostenibilità

In particolare a quelle del food, uno dei comparti produttivi al centro della seconda giornata di lavori del quinto Made in Italy Summit del Sole 24 Ore, Financial Times e Sky tg24, che ha registrato 8.700 persone in collegamento e che in particolare ha affrontato il tema della necessità – trasversale a tutti i settori – di investire in innovazione e sostenibilità non solo per restare competitivi, ma anche per difendersi dalla concorrenza sleale. Oltre che per adeguarsi agli obiettivi contenuti nel Green Deal europeo, a cui le imprese italiane guardano con favore, nella misura in cui gli obiettivi sono condivisibili, ma anche con un atteggiamento critico, chiedendo l’ammorbidimento o la revisione di alcune norme contenute. «Il nostro auspicio è che il Green Deal non sia un Green Dream, in cui sembra talvolta prevalere un approccio idologico anziché un approccio scientifico e tecnologico», ha detto ad esempio Alessandra Oddi Baglioni, Presidente Confagricoltura Donna.

Green Deal e obiettivi Esg

Di Green Deal – e della necessità di accelerare le politiche dei governi europei a sostegno della tansizione ecologica – ha parlato anche Ita Kettleborough, direttrice della Energy Transitions Commission, secondo cui la norma contiene molti ottimi strumenti per realizzare la carbonizzazione dell’industria europea, ma è necessario investire di più su questo fronte e trovare soluzioni che si adattino alle esigenze e ai tempi di trasformazione necessari alle aziende.

I criteri Esg sono diventati ormai un fattore di competitività per le imprese, anche medio-piccole, sia nei rapporti tra partner all’interno delle filiere produttive, sia per accedere al credito in forme agevolate. Le banche setesse si sono adeguate alle nuove normative, ha spiegato Giovanna Zacchi, Head ESG Strategy di Bper, che da alcuni anno ha strutturato al proprio interno un team dedicato di 15 persone: «Abbiamo 35 ESG manager, ciascuno responsabile della propria funzione e tutti lavorano insieme per raggiungere gli obiettivi. Come gruppo, siamo ora al lavoro sul nuovo piano industriale in cui saranno inserite oltre 100 azioni legate ai criteri ESG, con obiettivi specifici per ciascuna area». C’è poi il lavoro che le banche fanno assieme alle pmi clienti per accompagnarle nei processi di trasformazione, ha ricordato Massimo Catizone, Global Head of ESG Advisory di Unicredit: «Fino a 4-5 anni fa avevamo un team di prodotto che offriva ai clienti, ade esempio, green bond. Oggi le richieste delle imprese sono molto cambiate, hanno bisogno di soluzioni per applicare la sostenibilità nelle scelte strategiche per creare valore e noi le aiutiamo a fare questo».

I settori alla sfida della transizione

Tra i settori più avanzati nella transizione verde c’è la farmaceutica che, ha detto il vice direttore generale di Farmindustria Carlo Riccini, conta oltre 49 miliardi di export su 52 di fatturato, è al primo posto a livello mondiale per crescita dell’export tra il 2021 e il 2023 e al secondo in italia per saldo commerciale. Sostenibilità non solo ambientale, ma anche sociale, ha precisato Giuseppe Celiberti, general manager di Ibsa Italy: «Il nostro ultimo Rapporto di sostenibilità mette al centro la persona, i collaboratori, la comunità del territorio e i pazienti, oltre ovviamente alla crescita sostenibile che affrontiamo parlando di economia circolare».

Fonte: Il Sole 24 Ore