M&G: «Al deficit finanziario da 100 miliardi serve il prestito alternativo»

M&G: «Al deficit finanziario da 100 miliardi serve il prestito alternativo»

Non è una “moda” che passerà con il taglio dei tassi della Bce. «Gli alternative lenders, ovvero i finanziatori non bancari nel real estate – nel Sud Europa e anche in Italia – sono destinati ad assumere sempre più un ruolo da protagonista, in ragione del progressivo ritiro delle banche dal settore. Player alternativi come noi, che siamo stati uno dei primi finanziatori alternativi istitutzionali in Europa ad entrare nel mercato dopo la crisi finanziaria, possiamo offrire finanziamenti flessibili e spesso più efficienti rispetto alle banche tradizionali, soprattutto in settori emergenti, in rapido cambiamento o su progetti immobiliari che non hanno una redditività stabilizzata, poco liquidi e su cui alle banche mancano esperienza e track record, con condizioni di debito eccessivamente conservative e penalizzanti». Ne è convinto Dan Riches, co-head della finanza immobiliare di M&G Investments (uno dei più grandi alternative lender in Europa) di passaggio a Milano – che ricorda anche come la maggiore regolamentazione sulle banche che ne impone una riduzione del capitale aumenterà la finanza alternativa sul mercato. «Dobbiamo anche tener presente – aggiunge – che, come riportano i dati, sull’immobiliare europeo “pesa” un deficit di finanziamento di circa 93 miliardi di euro che richiederà risorse entro il 2026».
Con 15,6 miliardi di euro di prestiti impiegati dal 2009 su oltre 130 operazioni in 11 Paesi europei, M&G real estate finance ha attualmente impegni attivi per investimenti di circa 1,4 miliardi. Tre mesi fa ha annunciato la prima chiusura dei suoi ultimi fondi di debito immobiliare, per un totale di oltre 400 milioni di euro: 230 milioni di euro da LGPS Central Limited, 145 milioni dal Prudential With-Profits Fund e 30 milioni di euro da UK Insurer. Il capitale sarà impiegato in prestiti immobiliari multisettoriali in tutta Europa.

«Nel 2023, negli Usa, su 850 miliardi di dollari di prestiti 45% sono bancari e 55% no – spiega Riches – . Nel Regno Unito su 50 miliardi di sterline, la percentuale è 70% bancari e 30% non bancari. In Europa, su 310 miliardi di euro il rapporto è 90-10 per cento. L’aumento dei tassi di interesse hanno contribuito a una riduzione delle valutazioni immobiliari, in media, del 22% in UK e del 15% in Europa, con punte anche del 25% o più in alcuni Paesi, fornendo agli investitori che ora accedono a queste asset class, con basi di debito inferiori, profili di rischio ridotti».

Se nell’ultimo trimestre 2021 su 100 milioni di valore finanziati con 40 milioni di euro di equity, il loan to value era del 60%, oggi il repricing richiede, per 86 milioni di valore, 39 milioni di equity ma un loan to value del 55 per cento, ancora un buon cuscinetto contro valori patrimoniali inferiori. I rendimenti restano interessanti e adeguati al rischio.

«Il mercato finanziario dell’immobiliare commerciale, complessivamente, da 1500 miliardi di euro, è evoluto significativamente negli ultimi 15 anni. Un tempo dominato dalle banche, ha visto crescere progressivamente la partecipazione di finanziatori alternativi, che nel 2023 rappresentavano circa il 35% del debito esistente nel Regno Unito e intorno al 10% in Europa continentale. Un ruolo destinato a diventare semore più rilevante anche per effetti di una cornice normativa più stringente per le banche, che avranno sempre meno capacità di entrare nella complessità immobiliare». Dal residenziale, sempre più specializzato in student housing, senior housing, build to rent, sino ai datacenter.

Eppure, nonostante l’anno scorso gli investimenti si siano dimezzati, gli uffici restano centrali per M&G (in 15 anni ha concentrato un quarto delle risorse, pari a 3,6 miliardi di euro). «Il settore degli uffici non è esente da sfide, che riguardano principalmente i cambiamenti nei modelli di lavoro e come questi influiscono sulla domanda e sui valori degli asset. Nell’area di Londra oggi la vacancy negli uffici è del 9%, ma in quelli di grado A è vicina al 3 per cento. Gli investitori andranno dove vanno gli occupier e la realtà ci dice che stiamo assistendo a una transizione, la domanda di imprese e società per uffici di grado A, efficienti, funzionali, tecnologici, a basso impatto, dotati di servizi di prim’ordine è destinata a crescere. In questo caso, i canoni degli uffici continueranno ad aumentare malgrado il sentiment di mercato ancora negativo. Anzi, una carenza di offerta degli uffici best in class ci rende positivi sul settore anche in ragione del fatto che i fondamentali sono sani».

Fonte: Il Sole 24 Ore