Milano fashion week, chiude la purezza di Armani. Tecniche sopraffine da Bottega Veneta

Milano fashion week, chiude la purezza di Armani. Tecniche sopraffine da Bottega Veneta

Accalcata di eventi al limite della fruibilità, la settimana della moda milanese si è chiusa ieri all’insegna della purezza, con le vibrazioni e i lucori di Giorgio Armani. In una stagione leggera e votata alla sottrazione, Armani rimane rilevante. Certo, lo è davvero il suo lavoro nelle decadi passate, cui in molti continuano a guardare per omaggiare e citare, ma sulla soglia dei novant’anni, Re Giorgio, ultimo esemplare di una specie ormai quasi estinta, ossia i fondatori del sistema moda Italia per come lo conosciamo, non rinuncia a dire la sua, con la moda. Lo fa nella parte iniziale della sfilata, mescolando il bronzo e l’argento, sovrapponendo e incastrando i volumi e le proporzioni. Poi, è una teoria piacevole, ma prevedibile, di armanismi di maniera, in una versione particolarmente leggera e fluttuante che regala una sensazione amabile e gioiosa.

Matthieu Blazy, da Bottega Veneta, continua ad esplorare le possibilità dell’alto artigianato, di tecniche sopraffine che soltanto all’interno di questa maison sono possibili. In questo senso la collezione è una vera celebrazione di quel che in Italia si può fare utilizzando le mani e la sapienza di chi fa, e ha un valore quasi di conservazione culturale. Cotanta passione, però, si traduce in creazioni che in passerella appaiono sensazionali e sorprendenti ma che è difficile immaginare per strada o nella vita reale in una qualsiasi forma di uso. In particolare, gli abiti sono scultorei, distanti dal corpo, quasi che questo fosse un’astrazione da coprire e non un organismo in movimento, mentre gli accessori hanno un appeal desiderabile. L’effetto complessivo risulta quindi laboratoriale, forzatamente cerebrale. La mano è pesante e sarebbe bello vederla leggera.

L’artigianalità di Luisa Spagnoli è di tipo più possibile e terreno. Lo show si svolge sotto i porticati del Conservatorio ed è aereo e fresco: un peana del mondo femminile nei contrasti che lo caratterizzano, dalla seduzione libera alle asciuttezze mascoline. Tutto è coloratissimo e liquido da Chiara Boni, mentre da Sportmax la palette è clinica e quasi esclusivamente bianca, su forme che giocano con l’idea della decostruzione e ricostruzione echeggiando gli anni 90. Il corpo è vivo, presente, possente, anche se molto coperto. Le forme sono in fine generosamente scoperte da Karoline Vitto, che sfila con il supporto di Dolce & Gabbana, presentando in passerella la sua idea di moda sexy e sfrontata per qualsiasi tipo di corporeità. È una proposta energizzante e positiva, che politicizza il corpo come strumento di liberazione ma non lo oggettifica. Vitto parla in maniera schietta, senza inutili storytelling aggiuntivi o fuorvianti, e arriva al punto.

Fonte: Il Sole 24 Ore