Mirabilia+giardini valgon bene un drink!

Per uno di quegli allineamenti planetari che fanno sì che cose esterne a te convergono in un qualcosa che invece ti è familiare, anzi, che senti tuo anche se non lo hai fatto tu, qualche sera fa mi capita di essere al bar del Mandarin Oriental di Milano, «il posto dove si beve meglio in città» (secondo il qualificato parere di un bevitore elegantone che vi è di casa) per la presentazione della nuova drink list. Bene: apro il libretto e la proposta, otto curati cocktail, si chiama «Mirabilia»: e vabbè! E, poi, sono tutti ispirati ai e dai giardini, altra passione, di tutto il mondo, dal Majorelle di Marrakech alla Garden Route sudafricana. Di più: sfoglio per la scelta e uno si chiama «Island Essence». Game, set, match: non posso non prenderlo. Ispirato dall’Indonesia, whisky nipponico, Amaro Lucano, fungo shitake, miso, latte di cocco, tintura di caffé e lime: un gusto salato e nebbioso che ti spiazza e si piazza in cima alle mie preferenze. Nemmeno descrivo gli altri (c’è un Negroni rivisitato al pino mugo, in omaggio al giardino di casa di via Andegari), ma dico solo che Guglielmo Miriello, direttore del Mandarin Garden e il suo team, guidato da Gaetano Ascone, hanno creato una piccola serie di sorprese (e di storie) da bere: per gli appassionati un’occasione da sfruttare. Infatti, arriva il nostro maestro di narrazioni alcoliche, Corrado Beldì, fresco dei successi torinesi dell’Amedeo Special, e, incorreggibile, ordina… un Martini. Poco in là, due amici si sono dati appuntamento per assaggiare drink discutendo di manoscritti proustiani: è la cosa più snob che ho sentito da molto tempo. Ma la civiltà del bere, in fondo, è questa: conversazione intorno alle effimere bellezze, e a quelle eterne. Una mirabilia da prendere a piccoli sorsi, e sarebbe bello che una passione, o un giornale, e chissà, forse anche la vita, fosse davvero sempre così.

Fonte: Il Sole 24 Ore