Moda in crisi, per Camera Moda le priorità sono credito d’imposta e cassa integrazione

Moda in crisi, per Camera Moda le priorità sono credito d’imposta e cassa integrazione

«Per ogni miliardo in meno di fatturato del settore moda made in Italy, lo Stato perde circa 250 milioni di euro di surplus commerciale. Per questo l’attenzione alle nostre richieste deve essere vista come un investimento nel Paese. La nostra priorità, oltretutto, è quella di portare tutta la filiera oltre questo momento di crisi preservando l’esistenza delle piccole imprese, mantenendo intatti i livelli di occupazione». A parlare è Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana, associazione che riunisce i grandi brand.

Il settore nel suo complesso sta vivendo un momento critico: dovrebbe chiudere il 2024 in una flessione compresa fra il -3,5% e il -4% con il fatturato “allargato” a occhiali e beauty sotto i 100 miliardi di ricavi per la prima volta dal pre Covid, ma segmenti come l’abbigliamento in calo del -8 per cento. Da qui la necessità di correre ai ripari con proposte puntuali, alcune delle quali sono state presentate tra gli emendamenti al disegno di legge di Bilancio 2025 e ora sono al vaglio nella fase di scrematura.

Le priorità: 80 milioni per il potenziamento della cig ordinaria

I temi chiave sono due: «Il credito d’imposta ricerca e sviluppo utilizzato nel periodo 2015-2019 e di cui è stata chiesta la restituzione a seguito del cambiamento di interpretazione della norma con effetto retroattivo – dice Capasa – per cui abbiamo chiesto un saldo e stralcio al 30%, con pagamento dilazionato in 10 anni (all’articolo 74 è previsto un “rimborso” da 190 milioni in tre anni, ndr). E poi il potenziamento della cassa integrazione ordinaria per le aziende sotto i 15 dipendenti: sono quelle che rischiano di chiudere».Quest’ultima misura avrebbe un costo per lo Stato di circa 80 milioni.

Sgravi per chi «salva» le piccole imprese in crisi

Tra le proposte della Cnmi al governo anche uno sgravio fiscale per chi rileva partecipazioni di minoranza in Pmi in crisi, a patto di non licenziare il personale, con un costo di circa 100 milioni da mettere a budget l’anno prossimo, la creazione di una certificazione per il controllo della catena produttiva delle aziende di moda e l’aumento della soglia di detassazione dei fringe benefit. Infine, la Cnmi ha proposto l’istituzione di un fondo per la promozione del made in Italy da 15 milioni spalmati su tre anni.

Fonte: Il Sole 24 Ore